Utensili per fare il sapone: un riepilogo generale

Ho pensato di fare un post che riassuma, in maniera molto schematica, quali attrezzature sono richieste nei diversi metodi per fare il sapone. L’elenco va dalle tecniche più semplici a quelle più complesse.

Attrezzature per tutti i tipi di sapone
•    Una bilancia elettronica di portata sufficiente, con divisione al grammo.
•    Una scodellina in ceramica o in plastica dura per pesare gli alcali.
•    Un bollitore per il latte o pentolina in acciaio inox per la soluzione caustica.
•    Cucchiai e cucchiaini di acciaio inox; volendo, cucchiai dosatori di acciaio.
•    Scodelline di vetro, di porcellana, di ceramica non porosa o di acciaio inox per dosare gli ingredienti facoltativi; volendo, misurini dosatori in vetro da laboratorio o acciaio inox.
•    Posate a manico lungo di acciaio inox, spatole o mestoli di materiale plastico resistente agli alcali, spatole in silicone.
•    Un frullatore a immersione con lame di acciaio inox.
•    Una vaschetta di plastica per appoggiare il frullatore a immersione intanto che lavorate.
•    Un termometro da cucina, da caseificio o cantina che arrivi a 100 gradi. Oggi esistono anche termometri da cucina digitali contact-less
•    Stracci, vecchi giornali, pezzi di cartone per proteggere il piano di lavoro, appoggiare e pulire gli attrezzi.
•    Stampi per le saponette, secchielli o flaconi per i saponi liquidi.
•    (Facoltativo) Attrezzature o materiali per misurare il pH.

Attrezzature per il sapone solido a freddo
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Una pentola di acciaio inox.
•    Vecchie coperte o asciugamani per isolare il sapone.

Attrezzature per il sapone solido a freddo con decori swirl
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Contenitori in acciaio o in plastica dura per dividere la pasta nei vari colori.
•    Bottigliette o flaconi di plastica con tappo/beccuccio erogatore (tipo quello delle salse o dei cosmetici) anche riciclate per le colature di precisione.
•    Spatole in silicone, bastoncini tipo “cinesi”, filo d’acciaio per giardinieri da modellare a forma di gancio, ferri da maglia in plastica, forchettine da dessert, uncinetti, coltellini, spiedini per i disegni.
•    Un imbuto di plastica per colate circolari.
•    Un piccolo parallelepipedo di legno o un piccolo tetrapack da 200 ml per le colature “dalla colonna”.

Attrezzature per il sapone liquido a freddo
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Un secchiello di plastica con coperchio.

Attrezzature per saponi a caldo (solidi, liquidi, trasparenti, in crema, rilavorati)
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Un sistema di pentole dove possiate inserire la pentola del sapone in una seconda pentola di acciaio inox per la cottura a bagnomaria, oppure una pentola di acciaio adatta per la cottura nel forno, oppure una pentola elettrica a temperatura controllata per il metodo col crockpot.

Attrezzature per saponi in crema e trasparenti
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone e per i saponi a caldo:
•    Qualche vasetto di vetro da conserva con tappo ermetico.

Attrezzature per il sapone montato (whipped)
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone e per i saponi solidi a freddo:
•    Una frusta elettrica.
•    Una tasca da pasticcere – anche di quelle usa-e-getta – con bocchette di varia forma e misura; oppure della carta da forno se sapete come farvi da soli i coni per decorare (sac-à-poche).
Tutti i metodi sono descritti nel manuale Sapone fatto in casa for dummies. Non fate sapone se prima non avete imparato le necessarie precauzioni per maneggiare gli alcali.

Ricettinaaa: sapone scrub al caffè e alla pietra pomice

Il caffè macinato è un buon ingrediente per i saponi che devono rimuovere lo sporco ostinato dalle mani. In questa ricetta Patrizia ha aggiunto pietra pomice macinata per ottenere un sapone scrub da usare per trattamenti d’urto periodici su tutte quelle zone del corpo (talloni, gomiti etc) dove la pelle tende a ispessirsi e a seccare. Lo scrub andrebbe fatto solo saltuariamente e seguito dall’applicazione di una crema nutriente. Non usate questo sapone sul viso o su zone del corpo dove la pelle è sottile e delicata.

Se non trovate pomice in polvere, potete triturare una pietra, acquistata in farmacia o nel reparto cosmesi dei supermercati, usando una vecchia grattugia da cucina, una raspa o un macinino da caffè. Passate poi la polvere a un setaccio molto fine per evitare che graffi la pelle!

La miscela di oli essenziali è stata scelta per dare un profumo balsamico e rinfrescante. Per i vegetariani e i vegani: sostituite lo strutto con olio di palma o con cera di soia (è olio di soia idrogenato), ricalcolando la soda caustica.

Se siete in vena di decori: portate la pasta alla fase del nastro, versatene circa un terzo nello stampo, aggiungete caffè, pomice e una punta di pigmento (ossido, mica, ultramarino) alla parte rimasta nella pentola, mescolate bene e versatela sullo strato “neutro”. Oppure, versate in una brocca pulita circa un terzo della pasta di sapone senza ingredienti esfolianti; aggiungete caffè, pomice ed eventuale colore in polvere al resto della pasta di sapone, che verserete in uno stampo (singolo o con divisori), sul fondo del quale avrete appoggiato un foglio di pluriball. Versate la pasta di sapone “neutra” sopra quella esfoliante.

Per questo sapone potete provare il metodo tutto a freddo descritto nel nostro libro Sapone fatto in casa for dummies. Lo sconto degli alcali è del 7%, con una concentrazione un pochino ridotta rispetto a quella del metodo a freddo di base, ossia calcolata intorno al 29%.

Ingredienti
Olio di oliva       620 g
Olio di cocco    200 g
Strutto             150 g
Olio di ricino     30 g

Soda caustica (NaOH)    134 g
Acqua                            330 g

Caffè macinato                 40 g
Pietra pomice in polvere    20 g

Olio essenziale di eucalipto          10 ml
Olio essenziale di pino silvestre    5 ml

Procedimento
1.    Preparate il piano di lavoro, le attrezzature di sicurezza e gli ingredienti scelti. Decidete se vi interessa preparare il sapone a strati e preparate stampi ed eventuale brocca come necessario.
2.    Pesate i grassi direttamente nella pentola del sapone.
3.    Preparate la soluzione caustica e versatela nella pentola del sapone appena torna limpida.
4.    Mescolate fino a quando la pasta di sapone è omogenea e comincia a fare il nastro.
6.    Incorporate gli additivi secondo l’alternativa che avete scelto in partenza e versate il sapone negli stampi.
7.    Isolate quanto basta perché il sapone vada in gel. Sformate dopo 12-24 ore, tagliate se necessario e mettete ad asciugare all’aria per un paio di settimane.
8.    Continuate la stagionatura in ambiente protetto per almeno altre 4 settimane.

Attenzione! Non mettetevi a seguire questa ricetta se non avete dimestichezza con le tecniche della saponificazione. Fare sapone richiede studio preliminare ed esperienza per maneggiare in sicurezza le miscele caustiche. Nel blog trovate i consigli su come iniziare a far sapone o nel manuale Sapone fatto in casa for dummies.

Impara a fare il sapone in sei tappe

Ognuno di noi ha il suo metodo per imparare cose nuove. C’è chi ha bisogno di leggere dieci manuali di fila, chi invece ha bisogno di vedere qualcun altro all’opera, c’è chi si sente sicuro soltanto se prova da solo, chi preferisce partire dal fondo e ripercorrere tutto il procedimento all’inverso…

Marina ed io siamo consapevoli di queste differenze individuali e non abbiamo mai voluto imporre un unico sistema per imparare a fare il sapone. Quello che abbiamo sempre consigliato, invece, è un percorso di apprendimento basato sulla nostra esperienza e su quella di tanti apprendisti saponai, che abbiamo incontrato e aiutato nel corso degli anni. Qui abbiamo provato a riassumere il nostro percorso di apprendistato in sei passi.

•    Passo 1: Fatevi la mano con la saponificazione partendo dal metodo a freddo di base. Provate le ricette più semplici, con pochi ingredienti. Anche se all’inizio la voglia di sperimentare con tantissime cose è fortissima, resistete e procedete per gradi, aggiungendo nuovi ingredienti uno (o due) per volta e studiando le loro reazioni e le vostre prima di proseguire. Cominciate a capire come formulare le vostre ricette, scegliendo e dosando gli ingredienti secondo i criteri che avrete man, mano imparato. Prendete appunti, rileggeteli, confrontatevi con altri saponai più esperti. Sbagliate ma in sicurezza! Senza mai transigere sulle precauzioni quando avete a che fare con le miscele caustiche.

•    Passo 2: Quando vi sentite sicuri col metodo a freddo, sperimentale con quello a caldo a bagnomaria. Ripetete le ricette fatte a freddo e valutate le differenze.

•    Passo 3: Ora siete pronti per sperimentare i metodi tutto a freddo e a temperatura ambiente, le tecniche per gli swirl e altre tecniche a caldo (nel forno, col crockpot).

•    Passo 4: Quando vi sentite sicuri coi saponi solidi, potete cominciare a sperimentare con quelli liquidi, prima a freddo e poi a caldo.

•    Passo 5: La vostra esperienza di saponai vi rende ora sicuri di poter affrontare i saponi montati e il metodo ad acqua ridotta.

•    Passo 6: A questo punto potete cominciare a considerarvi dei saponai esperti ma se volete saperne ancora di più ci sono i saponi trasparenti, il levato su liscivia, i saponi a caldo super veloci e il sapone in crema.

Per tutti: dopo i primi due passi (imparare i metodi a freddo e a caldo), il percorso non è obbligatorio e sequenziale. Sceglierete voi quale percorso seguire per affinare la vostra esperienza: non tutti sono interessati ai saponi liquidi, agli swirl o ai saponi montati. Ma, soprattutto all’inizio, seguite formule testate da persone di cui conoscete l’autorevolezza e l’esperienza, non affidatevi alla prima ricetta che trovate su un blog o su un sito. Prendete l’abitudine di rifare per conto vostro i calcoli della soda anche quando seguite la formula di altri: vi aiuterà a imparare ma anche a evitare eventuali errori di stampa o battitura.

Ricettinaaaa! Sapone onde di mare

Volevo fare una prova coll’alcol cetilico per vedere come avrebbe reso cremosa la schiuma, in combinazione con cocco e karitè. Questa è la formula che ne è uscita.

Burro di karitè  300 g

Olio di cocco  300 g

Olio di mais  350 g

Burro di cacao 50 g

Alcol cetilico  5 g

Idrossido di sodio  136 g (sconto 8%)

Acqua 300 g

Sapone preparato col metodo a freddo a temperatura ambiente (spiegato nel manuale for dummies) perché faceva molto caldo e la presenza del cocco avrebbe potuto innescare un vulcano. Per lo stesso motivo ho usato la dose “classica” di acqua e ho scartato una soluzione caustica più concentrata. Il bianco è dato dall’aggiunta di titanio diossido mentre lo swirl a onde è ottenuto con ossido blu. L’ho profumato con una fragranza cosmetica Amber-Lavender di Manske. Non sono una fan dell’olio di mais: è un insaturo che dà saponi sempre abbastanza molli. Ma ne avevo di avanzato e volevo finirlo. Forse sostituirlo con oliva sarebbe stato meglio. Il sapone comunque non è per niente molliccio, visto che la percentuale di grassi saturi contribuisce a tenerlo “in forma”. La prestazione del cetilico come booster per la schiuma è ottima. Ingrediente che userò ancora!

Attenzione! Non mettetevi a seguire questa ricetta se non avete dimestichezza con le tecniche della saponificazione. Fare sapone richiede studio preliminare ed esperienza per maneggiare in sicurezza le miscele caustiche. Nel blog trovate i consigli su come iniziare a far sapone o nel manuale Sapone fatto in casa for dummies.

Marche di sapone che hanno fatto la storia

Le saponerie di Marsiglia sono state tra le prime al mondo a mettere in commercio un tipo di sapone che è passato alla storia. Ma esistono anche marchi storici inglesi e americani. Uno di questi è Yardley’s English Lavender Soap, un sapone da toeletta con essenza di lavanda, che venne lanciato sul mercato londinese nel 1770.

Le cronache narrano che William Yardley abbia pagato una somma di denaro al re Carlo I per ottenere, già alla fine del 1600, il monopolio della produzione di sapone per tutta l’area di Londra. Yardley sbarcherà negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, lanciando sul mercato americano, oltre al suo famoso sapone alla lavanda, altri tipi di saponette, tra cui quelle al muschio bianco e all’aloe. Nel 2015 l’English Lavender Soap di Yardley è ancora in commercio al prezzo di 2,66 sterline (circa 4 euro) per 100 grammi.

L’Inghilterra detiene anche un altro marchio storico, quello del Pears Transparent Soap, creato negli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo dal barbiere Andrew Pears, per i clienti della sua bottega di Soho a Londra. La formula originale e segreta del sapone Pears, a base di sego di bue, alcol e colofonia e contraddistinta da un “profumo di giardino inglese” è stata modificata più volte per adeguarla ai regolamenti cosmetici europei. Attualmente, il marchio è di proprietà di Unilever, che produce nei suoi stabilimenti in India delle versioni rivisitate e corrette del famoso sapone trasparente del barbiere di Soho. I nuovi Pears (che probabilmente hanno ben poco in comune con gli originali) si possono acquistare online —valutate voi se ne vale la pena, o se non sia meglio provare a cimentarsi con un’imitazione… fatta da voi, seguendo le istruzioni per i saponi semitrasparenti che trovate al capitolo 12 del Sapone fatto in casa for dummies.

Viene invece dagli Stati Uniti l’ultimo sapone iconico di questa serie, il famoso sapone galleggiante Ivory. Fu nel 1879 che Procter & Gamble (allora poco più di una fabbrichetta di famiglia in quel di Cincinnati, Ohio) cominciò a produrre un sapone bianco più leggero dell’acqua, e che pertanto galleggiava nelle vasche da bagno. L’enorme successo commerciale del sapone Ivory diede forse la prima spinta all’enorme espansione dell’azienda, oggi un colosso della chimica, proprietaria di centinaia di marchi di prodotti di largo consumo. Chissà se è vero l’aneddoto che attribuisce a un errore umano la nascita del sapone galleggiante: l’operaio addetto al controllo della mescolatrice andò a mangiare dimenticandosi di spegnerla, e al suo ritorno trovò che l’impasto si era asciugato più del necessario, incorporando grandi quantità d’aria. Se la storia è vera, la decisione dell’operaio di versare lo stesso la pasta di sapone negli stampi fece la fortuna dell’azienda. Se volete cimentarvi anche voi coi saponi galleggianti, trovate le spiegazioni passo per passo nel capitolo 8 del Sapone fatto in casa for dummies.

Vendere sapone autoprodotto: sì ma solo se sei in regola

Se dovessimo fare una classifica delle domande che riceviamo più di frequente, quella sulla vendita del sapone autoprodotto starebbe di sicuro al primo posto. Abbiamo pensato di raccogliere in un post i quesiti ricorrenti e di dare una risposta cumulativa.

Domande

1. A chi ci si rivolge per chiarire la normativa sulle vendite nei mercatini e simili?

2. Ci sono deroghe alla norma per chi vende nei mercatini o nell’ambito di attività di beneficienza?

3. Bisogna rendere tracciabile il sapone autoprodotto per poterlo vendere?

4. In breve, puo’ chi fa altro per lavoro e non ha un laboratorio a norme vendere il sapone autoprodotto “in maniera lecita, e alla luce del sole, senza incappare in possibili sanzioni?”

Risposte

La risposta breve all’ultima domanda, che riassume un po’ tutte le altre, è no.

Non ci sono scappatoie per vendere sapone e cosmetici senza avere un laboratorio a norme, la supervisione di un tecnico con adeguata competenza professionale, delle ricette certificate, una filiera di ingredienti pure certificati e una struttura aziendale tracciabile. Sappiamo che non sarete contenti di sentirla… e speriamo possa servire una breve panoramica sui perchè.

Da una parte, ci sono i limiti imposti dalla normativa europea, alla quale si è allineata anche l’Italia, che vieta la vendita e la distribuzione (anche gratuita!) di cosmetici se non si dispone di quei requisiti. Si tratta di norme a tutela del consumatore, che salvaguardando la professionalita’ dei produttori ne limitano i rischi in caso (per esempio) di richieste di danni. Del Regolamento Europeo 1223/2009 e della sua applicazione in Italia si parla in dettaglio nel sito del Ministero della Salute che è l’ente responsabile di riferimento. Vendere senza essere in regola può esporre al rischio di una denuncia penale in caso il compratore lamenti un danno (per esempio, una reazione allergica provocata dal sapone).

E’ bene sapere inoltre che la norma non prevede alcuna scappatoia per la vendita del cosiddetto “sapone decorativo”. Al di là della ridicolaggine del termine – sarebbe come vendere gelato da ascolto o pizza da massaggio – il sapone è e resta un cosmetico e in quanto tale è trattato dalla legge italiana.

Dall’altra, ci sono le considerazioni di tipo etico nei confronti di chi fa del sapone un lavoro “vero”, pagando le tasse e spendendo quel che c’è da spendere per avere certificazioni e permessi. Per quanto minima, qualunque attivita’ produttiva richiede inoltre una struttura “aziendale” di controllo dei costi e della qualità del prodotto.

Sicuramente non vale per voi, ma non ci vuole molto a immaginare “affaristi” senza scrupoli, pronti a fare saponaccio e venderlo “sottocosto” per sbaragliare la concorrenza, mettendo a rischio la salute degli acquirenti. Ecco, i limiti e le pastoie sono lì proprio per arginare questo tipo di problema.

Aggiungiamo qui, per completezza delle informazioni, che nell’ultimo nostro libro, “Sapone fatto in casa For Dummies“, abbiamo dedicato un intero capitolo a questo argomento, dove troverete indicazioni precise su come muoversi per cominciare a vendere con tutte le carte in regola. E nel nostro blog Sapo Kalinus vi raccontiamo storie virtuose di piccoli artigiani del sapone in Italia e all’estero.

Il levato su liscivia: impara il metodo dei saponi di Marsiglia e Aleppo

marsigliaIl metodo descritto come levato su liscivia, o fully boiled in inglese, è quello utilizzato dalle prime fabbriche di sapone europee e mediorientali. Sostituito nella produzione industriale di massa dai cosiddetti metodi in continuo, viene comunque tuttora applicato come metodo in caldaia nei saponifici artigianali. In questo metodo, adatto molto più alla produzione industriale che ai saponai casalinghi, i grassi vengono bolliti in una soluzione alcalina, nella quale finiscono la glicerina ed eventuali impurità. Il sapone risultante è un sale sodico puro, senza grassi liberi e senza glicerina.

Un metodo per saponi “antichi” – Alla famiglia dei saponi ottenuti con questo procedimento appartengono il sapone di Marsiglia (un sapone duro, di solito a base di olio di oliva e destinato principalmente al bucato) e il sapone di Aleppo, che si distingue perché tra gli ingredienti annovera l’olio di bacche d’alloro. Nei paesi anglosassoni, si parla invece di Castile soap (sapone di Castiglia, spesso scritto nella grafia francese Castille) per descrivere sinteticamente tutti i saponi duri a base di olio di oliva, prodotti con eccesso di soda. In pratica, non ci sono differenze sostanziali tra questi tipi di sapone. Quel che li accomuna è il procedimento di lavorazione, il metodo che qui descriviamo come levato su liscivia. Quel che li distingue sono gli ingredienti e le abitudini d’uso.

Un salto indietro nel tempo – Come spieghiamo nel Capitolo 1 del nostro manuale Sapone fatto in casa for dummies, le origini del sapone sono incerte, ma si ritiene risalgano alle tradizioni del Medio Oriente e ai saponi di Aleppo (in Siria) e di Nablus (in Palestina), dove pare esistessero laboratori specializzati per la produzione del sapone fin dal XII secolo. Le fabbriche europee più antiche sorsero sulle sponde del Mediterraneo, prima forse a Gallipoli in Puglia, poi a Savona, poi a Marsiglia e in Spagna. I metodi di produzione sono praticamente gli stessi dappertutto: cambiano però le ricette, che sono strettamente legate alla disponibilità locale di grassi adatti.In Siria, l’olio utilizzato per la saponificazione è una miscela di olio di oliva e di bacche di alloro: ecco il sapone di Aleppo. In Palestina, in Italia e in Spagna si usa esclusivamente olio di oliva — come si faceva inizialmente a Marsiglia, prima che le esigenze di produzione richiedessero “tagli” con oli meno pregiati, tra cui l’olio di palma (materia prima di basso costo, importata dalle colonie francesi) e quello di arachidi. Il procedimento di lavorazione preindustriale richiedeva la bollitura dei grassi con acqua, sale e una sostanza alcalina ricavata dalle ceneri di piante locali, come la Salicornia e la Salsola kali, la famosa barilla del sapone di Castiglia. Dal XIX secolo, l’idrossido di sodio sostituisce le liscivie di cenere nei saponi europei. La tradizione siriana vuole invece che ancora oggi il “vero” sapone di Aleppo sia fatto solo con liscivia ottenuta dalle ceneri di Salicornia, anche se il sapone di Aleppo che arriva in Europa è ormai tutto prodotto con l’impiego di soda caustica.

Come usare il levato oggi – L’impiego più comune (e sensato) della levata su liscivia è come procedimento di recupero degli oli di frittura e dei grassi animali di scarto che, come saprete, costituiscono nello stesso tempo materie prime preziose e materiali inquinanti, non smaltibili direttamente come rifiuti domestici. Una descrizione di come procedere con i dosaggi degli ingredienti e la spiegazione passo per passo è uno dei contenuti gratuiti scaricabili dal sito del Sapone for dummies. E se poi volete discutere con chi questo metodo l’ha già sperimentato, fate un salto nel nostro gruppo Facebook Il Mio Sapone.

Foto: https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3ASavons_de_Marseille_002.JPG
By Arnaud 25 (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

I segreti del sapone che fa schiuma

Sapone for dummies (e per gatti)Come dev’essere il sapone perfetto? Biologico, gentile, profumato, colorato? Ovviamente sì. Ma la caratteristica che tutti, proprio tutti, sembrano pretendere dal proprio sapone è che faccia schiuma. Tanta, tantissima schiuma.

 

 

Come scriviamo nel nostro manuale Il sapone fatto in casa For Dummies 

la schiuma è il prodotto della sinergia tra l’azione fisica dello sfregamento e quella chimica della combinazione del sale-sapone con l’acqua e l’ossigeno dell’aria. (…) Se potessimo far sapone in laboratorio usando solo acidi grassi puri, e ci lavassimo in acqua distillata, i grassi che darebbero le soddisfazioni maggiori in fatto di schiuma sarebbero quelli che hanno una catena atomica lunga, e pertanto quelli monoinsaturi e insaturi. Così, per esempio, l’olio di cocco ha una catena più corta dell’olio di oliva perché contiene in prevalenza acido grasso laurico, che ha solo 12 atomi di carbonio, mentre la catena dell’olio di oliva ne ha 18.In teoria dunque, dal momento che l’olio di oliva ha una catena di atomi di carbonio più lunga dell’olio di cocco, dovrebbe fare più schiuma di quest’ultimo. Ma questo non è esattamente il contrario di tutto quello che si legge sul sapone? Perché allora si dice che è l’olio di cocco il principale responsabile della schiuma, mentre l’olio di oliva fa solo bavetta? Dov’è la verità? La verità sta, come al solito, nella complessità che caratterizza il mondo in cui viviamo e che quasi mai ci permette di dare risposte univoche. Qui regnano infatti altre variabili che influenzano la capacità del nostro sapone di fare schiuma: per esempio, la durezza dell’acqua e la sua temperatura.
Ed è proprio la combinazione di questi fattori esterni a caratterizzare l’olio di cocco come grasso “schiumogeno”, sebbene dal punto di vista della struttura chimica non abbia i numeri per essere il migliore. Nonostante la sua catena atomica corta infatti, l’olio di cocco trasformato in sale-sapone si scioglie meglio nell’acqua di rubinetto di quanto non facciano altri grassi saponificati; e lo fa a una temperatura più bassa, assicurando tante bolle a tutti gli amanti del genere”.

Nei primi capitoli del libro, spieghiamo quali ingredienti o additivi possono essere usati per creare le bolle, in combinazione o in sostituzione dell’olio di cocco. Qui possiamo fare un piccolo riassunto:

  • l’aggiunta di olio di ricino (nelle percentuali consentite) rende il sapone più schiumoso;
  • la presenza di oli di soia o di arachidi;
  • la presenza di olio di palmisto (olio di noccioli di palma) che ha la stessa resa e le stesse controindicazioni del cocco;
  • la presenza di ingredienti zuccherini (da usare con le cautele suggerite nel libro perchè fanno aumentare la temperatura della reazione chimica, con conseguenze che bisogna saper gestire…);
  • l’aggiunta di emulsionanti (per questo fate riferimento agli esperimenti sul gruppo facebook Il Mio Sapone dove questa teoria è nata);
  • l’aggiunta di lana o seta grezza (dosaggi e modalità indicate nel libro e nel gruppo);

C’è poi un piccolissimo e semplicissimo trucco per far schiumare il sapone, anche il meno… dotato di suo. Basta usarlo tenendolo avvolto in una retina (di mussola, di tulle, di cotone etc) e strofinarlo forte tra le mani prima di passarselo sul corpo. Easy peasy… 🙂

Per i patiti della chimica, tra i contenuti extra del libro For Dummies c’è una tabella con la composizione degli acidi grassi di ciascun olio e la loro resa nel sapone.

Ah, vi state chiedendo che cosa c’entri un gatto nel lavabo con questo post? Niente. Però era carino, dai… 😛

Miti da sfatare: l’olio di cocco è irritante

Le cose semplici, si dice, sono le migliori. Ed è vero. Ma secondo me non si può sempre dire altrettanto delle cose “semplificate”.

La semplificazione che spesso si fa su internet attorno a certi concetti che sono, invece, complessi, dà come esito finale la diffusione di “pezzi” di verità grossolanamente raffazzonati. Consolanti, magari, ma non aderenti alla realtà.

Lunga premessa per arrivare al dunque di una affermazione – “l’olio di cocco è irritante” – sulla quale è necessario fare qualche ulteriore riflessione. E qualche chiarimento.

Il povero olio di cocco in sè e per sé non è per niente irritante. E’ un grasso saturo di origine vegetale come altri che, per la dimensione delle sue molecole, tende a restare sulla pelle piuttosto a lungo, formando un film protettivo e non a caso è usato in burri per il corpo, unguenti e balsami per labbra. Ci possono essere implicazioni etico-ambientaliste riguardo il suo impiego, ma non è l’argomento di questo post.

L’olio di cocco però contiene, in notevole percentuale, un acido grasso specifico, il laurico, che, una volta fatto reagire con un alcali (soda caustica o potassio caustico), produce un sale sodico o potassico (per gli amici, sapone 🙂 ) con due caratteristiche molto specifiche. Un sapone di acido laurico fa una schiuma meravigliosa ed è anche molto – ma molto – detergente.

Ora, la detergenza è quel processo grazie al quale il grasso che si trova sulla superficie della nostra pelle viene staccato, miscelato con l’acqua e portato via. Un processo virtuoso quando si tratta di lavarci dallo sporco atmosferico e dalle tracce di Nutella sulle dita. Un processo stressante per la pelle quando, oltre alla Nutella, a finire nello scarico è anche quel sottile strato di grassi e liquidi che ne protegge la superficie e le impedisce di seccarsi e screpolarsi.

E qui veniamo al punto della nostra questione: che cos’è allora a essere irritante? Ed ecco la risposta:

è irritante l’uso continuato di saponi con un’alta percentuale di sali sodici o potassici di acido laurico, in presenza di una pelle che non tollera l’essere dilavata troppo in profondità.

Se la pelle, per i più svariati fattori individuali o ambientali, non ha la capacità di compensare l’eccessiva detergenza del sapone al cocco, ricostituendo il suo film protettivo, ecco che, a lungo andare, può sviluppare fenomeni irritativi. In alcune persone – e io sono tra quelle – la forza lavante dei saponi al cocco genera un po’ di secchezza o di prurito, da compensare con l’uso di una lozione o una crema dopo ogni doccia. In persone dall’epidermide più delicata o già irritata per altre cause può invece dare fastidi più “importanti”. Ma in altre persone con tipi di pelle più “resistenti” non dà alcun problema e anzi risulta un sapone molto schiumoso e piacevole. Usare solo olio di cocco in un sapone però richiede qualche cautela come ho spiegato in altro post su questo blog dedicato al Tuttococco.

Consiglio spicciolo per il saponaio che vuole formulare le sue ricette? Impara a conoscere la tua pelle e ad “ascoltarla”. Nel dubbio, tieni basso il dosaggio del cocco e controlla quali sono le tue reazioni a distanza di una settimana, un mese, tre mesi dal momento in cui hai cominciato a usare sapone che lo contiene. Usa comunque una crema o una lozione restitutiva perché, cocco o non cocco, la tua pelle te ne sarà grata!

Ancora una piccola cosa prima di chiudere: tutto questo discorso, dalla prima all’ultima sillaba, vale anche per l’altro olio ricco di acido grasso laurico, il palmisto. E’ noto anche come olio di noccioli di palma, deriva dalla stessa pianta da cui deriva l’olio di palma che però, siccome non contiene acido laurico, è del tutto “inoffensivo”.

Come scegliere ingredienti e metodi per il sapone che hai in mente

sapone-soap-iconVolete fare un sapone per il viso oppure ne volete uno con effetto-scrub? Vorreste preparare una saponetta per il vostro bambino ma non sapete da dove cominciare? La scelta degli ingredienti e del metodo per fare in casa il sapone che avete in mente può essere complicata, sia che abbiate cominciato da poco, sia che ormai abbiate una certa esperienza.

E’ facile perdersi tra tutte le varianti dei metodi a caldo o a freddo, ma anche confondersi nella combinazione dei grassi e nel calcolo dello sconto della soda. In base alla nostra esperienza abbiamo preparato una scheda di riepilogo che può aiutarvi a non perdere l’orientamento quando vi mettete a tavolino per “progettare” il vostro prossimo sapone.

Saponi da bagno e da doccia

Tipi di sapone: saponette, saponi liquidi, trasparenti, rilavorati

Ingredienti consigliati: nessuna limitazione nella combinazione degli oli. Scegliete grassi e additivi schiumogeni a seconda dei vostri gusti.

Ingredienti da evitare: solo quelli non graditi/tollerati da chi userà il sapone

Dosaggio degli alcali: sconto tra il 5 e l’8% per le saponette, sconti più alti in presenza di alte quantità di olio di cocco. Fino al 3% per i saponi liquidi.

Metodi consigliati: metodi a freddo e a caldo, metodi per i saponi liquidi, trasparente e rilavorati.

Saponi per pelli difficili

Tipo di sapone: saponette e rilavorati, evitate liquidi e trasparenti.

Ingredienti consigliati: ottimi i 100% oliva, attenzione nella scelta di grassi che producono saponi molto detergenti o dei grassi che possono dare allergie specifiche (vedi sotto). Restringete il campo degli additivi a latte, miele, zucchero, fibre di seta, catrame vegetale.

Ingredienti da evitare: olio di cocco e palmisto, usate con cautela ricino, burro di cacao, burro di karitè. Evitate gli additivi tranne quelli appena elencati, evitate fragranze e oli essenziali.

Dosaggio degli alcali: tra il 7 e il 15% per le saponette

Metodi consigliati: metodi a freddo e a caldo, rilavorati.

Saponi per i bambini

Tipo di sapone: saponette e rilavorati, evitare liquidi e trasparenti

Ingredienti consigliati: ottimi i saponi 100% oliva, con eventuale aggiunta di poco olio di
ricino (dall’1% al 3%) per migliorare la schiuma. Tra gli additivi consentiti: latte, miele, zucchero, fibre di seta. Nei saponi rilavorati potete usare oleoliti di calendula o camomilla come surgrassanti, oppure infusi delle stesse piante come liquido.

Ingredienti da evitare: oli di cocco e di palmisto. Usate con cautela olio di ricino, burro di
karitè e burro di cacao. Evitate tutti gli additivi salvo quelli citati. Evitate oli essenziali e fragranze nei saponi per bambini fino a 3 anni. Per bambini più grandi, dimezzate la quantità che usereste per gli adulti.

Dosaggio degli alcali: sconto tra il 9% e il 15%

Metodi consigliati: metodi a caldo con l’aggiunta di surgrassanti dopo la cottura, metodi per saponi rilavorati.

Dal sito dei Contenuti Extra del libro Sapone fatto in casa For Dummies, potete scaricare la scheda completa con le istruzioni per

  • saponi per il viso
  • saponi da barba e depilazione
  • saponi scrub
  • saponi shampoo
  • saponi per gli amici a quattro zampe
  • saponi per il bucato
  • saponi per la casa