Il “tutto cocco”: un sapone da amare o da odiare

Un pesciolino 100% cocco.

Un pesciolino 100% cocco.

Il sapone di solo olio di cocco è una “creatura” speciale che suscita sentimenti opposti: o lo si ama alla follia o lo si detesta.

Il motivo che porta una parte di saponai a dire che il tutto cocco è  un sapone eccezionale è sostanzialmente il medesimo che scatena l’avversione dei detrattori e ha persino un nome proprio: acido laurico. Il grasso estratto dalla polpa del cocco è composto fino a circa il 50% da questo trigliceride che, se fatto reagire con la soda caustica, produce un sale sodico molto schiumoso ma anche molto detergente. In un altro post su questo blog ho parlato del falso mito dell’olio di cocco irritante. Un sapone di solo olio di cocco produce quindi quantità enormi di schiuma a grandi bolle cremose, ma ha anche un effetto disseccante sulla pelle che lo rende particolarmente aggressivo. Non a caso, nel tentativo di “addolcirlo”, si applicano al tutto cocco sconti soda altissimi (dal 15 al 20%) mentre per saponi fatti con altri oli un superfatting ritenuto “normale” tende a non superare il 10%.

Nonostante sia un sapone mono-olio bisogna inoltre sapere che il tutto cocco non è facilissimo da fare ma richiede un minimo di esperienza per saper gestire possibili “effetti collaterali” dovuti al surriscaldamento. La reazione chimica con la soda caustica è infatti particolarmente “bollente”, tanto che le probabilità di vedere un tutto cocco eruttare fuori dallo stampo o ammassarsi al secondo colpo di frullatore sono tutt’altro che remote.

Ecco quindi un piccolo elenco di ciò che è bene tenere a mente quando si progetta di preparare un sapone di solo olio di cocco.

1) Fate il 100% cocco seguendo il metodo a freddo di base che vi permette il controllo delle temperature. Non seguite né il metodo tutto a freddo, né tanto meno quello ad acqua ridotta dove il rischio di surriscaldamento sarebbe ancora più estremo. Se proprio volete stare sul sicuro, utilizzate il metodo a freddo a temperatura ambiente dove anche la soda caustica è lasciata raffreddare completamente prima di aggiungerla al grasso. Una descrizione di tutti i metodi e delle loro differenze la trovate nel nostro manuale “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici“.

2) Lavorando col metodo a freddo di base, tenete le temperature di grassi e soluzione caustica sui 35°.

3) Evitate stampi lunghi e stretti (del tipo dei tubi delle patatine o i cartoni del latte), ma preferite forme larghe o stampini monodose dai quali il calore in eccesso possa disperdersi senza problemi.

4) Evitate accuratamente tutti gli ingredienti che contribuiscono ad alzare la temperatura (miele, latte, sostanze zuccherine in genere) e le fragranze cosmetiche che sono note per provocare ammassamento.

5) Andateci piano col frullatore: un paio di colpi in genere sono sufficienti per arrivare al nastro e il sapone è pronto da versare negli stampi.

5) Se avete seguito il metodo a freddo di base non coprite gli stampi, se avete seguito il metodo a freddo a temperatura ambiente usate una copertura molto leggera.

6) Il sapone tutto cocco solidifica molto in fretta. Date un’occhiata dopo 18 ore ed eventualmente toglietelo subito dagli stampi. Timbratelo o tagliatelo immediatamente perché più indurisce e più potrebbe rompersi o sbriciolarsi.

Vantaggi di un sapone 100% cocco: fa tantissima schiuma persino in acqua salata, è molto solubile, deterge in profondità, mantiene molto bene le forme e si presta a stampini con disegni in rilievo, è di un bel bianco perlaceo.

Svantaggi di un sapone 100% cocco: si consuma terribilmente in fretta, aggredisce il film protettivo della pelle e può portare a irritazioni, il cocco non è un grasso a “chilometri zero” o a basso impatto ambientale, il problema del surriscaldamento limita la scelta di ingredienti che si possono usare nella ricetta.

Nel gruppo su Facebook, “Il mio sapone” abbiamo fatto un esperimento collettivo sul sapone 100% cocco che ha dato vita a una discussione molto interessante.

Ossidazione dei grassi saturi e insaturi

Uno dei problemi cui il sapone può andare incontro è l’ossidazione. L’ossigeno si combina con le tracce di grasso libero sulla superficie della saponetta e questo provoca macchie e il tipico odore di rancido. Dire che un sapone è ossidato o dire che è rancido, è la stessa cosa.

Un sapone non diventa rancido dall’oggi al domani. L’ossidazione è un processo che richiede il suo tempo e che dipende, in parte, dal tipo di grassi che sono stati usati nella ricetta. Ci sono anche altri fattori che giocano un ruolo nell’eventualità che un sapone ossidi e nella velocità con cui questo accade. Ma di questo farò cenno alla fine del post.

Una discriminante per capire quali grassi favoriscono l’ossidazione è cominciare a separare i saturi (quelli solidi a temperatura ambiente), dai liquidi e guardare un pochino dentro la loro struttura molecolare.

Se i grassi saturi (palma, cocco, karitè, strutto, etc) hanno un tempo di ossidazione pari a 1, i grassi monoinsaturi (esempio oliva, mandorle) ce l’hanno 5 volte superiore, i grassi polinsaturi del gruppo omega-6 con doppio legame C=C (girasole, cartamo, soja, mais, arachidi) ce l’hanno 50 volte superiore e i grassi del gruppo omega-3 con triplo legame C≡C (lino, colza, enotera, canapa) ce l’hanno 100 volte superiore. Che cosa sono i legami C=C doppi o tripli? Sono la “struttura” che tiene insieme gli atomi di carbonio nella catena atomica di ciascun trigliceride (acido grasso). Più questa struttura è ramificata con doppi e tripli legami, più la catena ha facilità a spezzarsi quando viene “sollecitata” dall’azione dell’ossigeno. Ogni volta che la catena si spezza e reagisce con l’ossigeno, inizia quel processo degenerativo, detto ossidazione, che fa irrancidire il sapone.

Questo è il motivo per cui, in tutti i testi sul sapone, trovate sempre indicato che i grassi moninsaturi (tra cui l’oliva) stanno tra quelli detti “di base” dei quali si possono usare anche grosse quantità nelle ricette, mentre gli altri (soprattutto i polinsaturi con triplo legame) sono classificati come “nutrienti” e ne vengono raccomandati dosaggi minimi. Questo è anche uno dei motivi per cui si consiglia di bilanciare una ricetta con grassi saturi-insaturi.

Più è alta in una ricetta la percentuale di un grasso polinsaturo con triplo legame (per esempio l’olio di colza) più è maggiore la possibilità che quel sapone si ossidi, cioè diventi rancido. Più è alta la quantità di grassi saturi o moninsaturi (tipo strutto, palma, cocco + oliva) meno è facile che il sapone si ossidi. Se voglio fare un sapone con sconto soda alto quindi eviterò il più possibile i grassi polinsaturi a doppio e triplo legame o ne metterò davvero quantità minime.

Come dicevo all’inizio, le variabili che possono far irrancidire un sapone sono diverse e la composizione dei grassi della ricetta è soltanto una di queste. Altri fattori cui prestare attenzione sono gli sconti della soda (più lo sconto è alto, più alto è il rischio ossidazione), la presenza di liquidi in eccesso nel sapone, il fatto che il sapone venga conservato in luoghi umidi, caldi e poco ventilati, la presenza di particolari ioni metallici nell’acqua utilizzata per la soluzione caustica, l’uso di ingredienti “umidi” (fiori freschi, fondi di caffè, frutta).