Domande frequenti: metodo a freddo di base o metodo tutto a freddo?

Il metodo tutto a freddo (No Heat applied Cold Process o NHCP) può essere considerata una variante del metodo a freddo di base (Cold Process, CP) la quale sta vivendo una fase di popolarità in questi ultimissimi anni. Ma i due metodi non sono semplicemente uno l’alternativa dell’altro e la scelta tra i due dovrebbe avvenire alla luce di alcune considerazioni.

Controllo della temperatura della soluzione caustica

Controllo della temperatura della soluzione caustica

Nel metodo a freddo di base i grassi e la soluzione caustica vengono portati a una temperatura che può oscillare tra i 38 e i 45°. I grassi vengono scaldati (nonostante si parli di “metodo a freddo”), mentre la soluzione caustica viene fatta raffreddare e il saponaio, con un termometro, tiene sotto controllo le temperature nei vari passaggi del processo. Questo controllo delle temperature è proprio la caratteristica principale del metodo a freddo di base ed è quella che, a mio avviso, la rende più adatta ai principianti. La possibilità di avere il controllo della reazione è un elemento che dà tranquillità e sicurezza quando si è ai primi esperimenti, quando il cuore batte forte, magari le mani tremano un po’ e non si ha ancora la più pallida idea di che cosa succederà nella pentola del sapone.

Nel metodo tutto a freddo la soluzione caustica viene preparata, lasciata decantare per qualche minuto e quindi versata bollente nei grassi che invece sono – o dovrebbero essere – a temperatura ambiente. Questo metodo non prevede alcun controllo delle temperature e non è compreso l’uso del termometro. Ma usare una soluzione caustica a 70-80° senza avere la minima esperienza delle reazioni degli ingredienti potrebbe non essere la strada giusta per chi il sapone non l’ha mai fatto. Temperature così alte in combinazione con determinati ingredienti (per esempio miele, latte ma anche certe fragranze o certi oli come il riso e il cocco) possono portare al surriscaldamento della pasta di sapone con effetti che vanno dall’ammassamento, alla separazione fino al cosiddetto “vulcano”. Si definisce “vulcano” il momento in cui la pasta di sapone è talmente calda che gonfia e trabocca dagli stampi. Questo significa che il metodo tutto a freddo non è per niente più “facile” o più “immediato” di quello a freddo di base, proprio perché richiede al saponaio un’esperienza maggiore, la capacità di lavorare velocemente senza tergiversare e la prontezza per intervenire se si capisce che qualcosa sta andando storto. Per questi motivi, considero il metodo tutto a freddo un ottimo sistema per i saponi da bucato nei quali di solito non è prevista la presenza di ingredienti surriscaldanti o per tutte quelle ricette fatte da saponai che hanno già acquisito un po’ di dimestichezza con la saponificazione e sanno gestirla senza farsi prendere dal panico.

Le varianti del metodo a freddo e tutte le varianti dei metodi a caldo sono descritte, passo dopo passo, nel nostro manuale “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici”.

Aiuto! Il sapone non è venuto come me l’aspettavo!

Se il sapone non ha l’aspetto o la consistenza che vi aspettavate, prima di farvi prendere dal panico o di pensare a come riciclarlo, seguite questa semplice check-list che trovate, con maggiori dettagli, nel nostro manuale “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici“.

Tirate fuori la ricetta e gli appunti che avete preso durante la preparazione (perché li avete presi veroooo? ) e procedere con questi passaggi:

1. Controllate di aver misurato le quantità giuste dei vari ingredienti (oli, alcali, acqua o altri solventi, additivi) senza sostituzioni o modifiche rispetto alla ricetta che avete seguito.

2. Verificate che la quantità totale degli oli sia almeno di un chilo. Ricordate che lotti più piccoli tendono a essere sempre meno stabili e più proni a provocare “sorprese”, soprattutto se avete ancora poca esperienza per gestirli.

3. Usate un foglio calcolatore come il SapCalc che trovate nel nostro sito per ricontrollare il calcolo dell’idrossido di sodio o di potassio in base alla quantità dei grassi. Verificate la purezza degli alcali che avete usato. Se erano umidi, ammassati o molto “stagionati” potrebbero aver perso parte della loro efficacia.

4. Verificate l’accuratezza della bilancia. Quand’è che avete cambiato le pile? L’avete sistemata in piano prima di pesare? Vi siete ricordati di annullare la tara dei contenitori?

5. Cercate di ricostruire le fasi di preparazione: avete lasciato fuori qualcosa? Avete esagerato con il dosaggio di un additivo? Avete deciso all’ultimo minuto di sostituire un grasso senza riconteggiare la soda? Avete usato un ingrediente nuovo, mai sperimentato prima?

6. Com’erano le condizioni ambientali: troppo caldo, troppo freddo? Com’erano le temperature di grassi e soluzione caustica? Avete coperto bene il sapone quando l’avete versato negli stampi (metodo a freddo)? Avete cotto la pasta di sapone abbastanza a lungo (metodi a caldo)? Quale sistema di cottura avete utilizzato?

Se la ricognizione è completata e non avete rilevato nulla di particolare, ma il sapone continua a sembrarvi “strano”, non fatevi prendere dall’ansia o dallo sconforto. Perché, molto semplicemente, nel vostro sapone non c’è proprio nulla che non va, ma state semplicemente assistendo a un fenomeno che contraddistingue tutti i saponi fatti a mano: la loro unicità!

La funzione del sale nel sapone

ric221Dopo l’immarcescibile coppia latte&miele, dopo il continuo successo dei saponi simil-Aleppo ecco un altro ingrediente che sembra essere diventato molto popolare tra i saponai casalinghi: il sale.

Il cloruro di sodio ha una duplice funzione nel sapone autoprodotto a seconda delle quantità che se ne aggiungono.

Il primo caso è l’uso del sale da cucina per migliorare la consistenza finale del sapone. Secondo l’esperienza di alcuni, basterebbero circa 10 grammi di sale su un lotto da un chilo di grassi per renderlo più duro e compatto. Il sale inoltre, per la sua capacità di “attirare” le tracce di acqua presenti nel sapone, svolgerebbe anche una blanda azione anti-ossidante. In questo caso, si parla dunque di aggiungere l’1% di cloruro di sodio, facendolo sciogliere direttamente nell’acqua della soluzione caustica.

Il secondo caso è l’impiego del sale come agente esfoliante nei cosiddetti “saponi termali”; si tratta di saponi che vengono usati per trattamenti occasionali di pulizia profonda della pelle, laddove sia necessaria la rimozione dello strato più superficiale della cute, quello dove si depositano le cellule morte e il sebo. In questo caso la quantità di sale aggiunta al sapone può arrivare anche oltre il 50% su un lotto da un chilo e il cloruro di sodio viene incorporato nel sapone al momento del nastro, prima di versarlo nelle forme. A seconda dell’intensità dell’effetto peeling desiderato, si possono usare sale fino o grosso, magari pestato nel mortaio per uniformarne la grana. Possono essere utilizzati tutti i tipi di sale, da quello marino a quello dell’Himalaya, da quello del Mar Morto al comune salgemma. Nel libro I tuoi saponi naturali abbiamo previsto diverse ricette di saponi al sale con dosaggi variabili e abbinamento ad altri agenti esfolianti come la pietra pomice (nella foto). I saponi termali vanno utilizzati saltuariamente e con un po’ di buonsenso: chi ha la pelle molto delicata o irritata farebbe meglio ad evitarli, così come non andrebbero mai usati sul viso. L’uso di saponi esfolianti deve essere accompagnato dall’applicazione di una lozione idratante/nutriente che restituisca alla pelle la “protezione” rimossa durante il lavaggio.

Metodi a freddo: confronto e riepilogo

Questa è una tabella di confronto del metodo a freddo di base e delle sue principali varianti. Il metodo a freddo di base è quello più adatto ai principianti perché permette un controllo più accurato delle temperature e quindi consente di evitare sorprese dovute alla scarsa conoscenza delle reazioni dei singoli ingredienti. Il metodo a temperatura ambiente è quello utilizzato per il whipped soap e per le tecniche swirl più complesse. Il metodo a freddo di base e le sue principali varianti sono descritte nel nostro manuale “Il tuo sapone naturale”.

Metodi a freddo a confronto

Domande frequenti: voglio fare sapone, da dove comincio?

Studiare, provare, sbagliare sono i tre verbi che ogni aspirante saponaio dovrebbe tenere a mente. E queste tre parole sono anche la risposta che mi sento di dare a una delle domande più frequenti che ricevo: voglio imparare a fare sapone, da dove comincio?

Comincia dallo studio. La saponificazione è un processo chimico semplice, ma ha le sue regole e le sue esigenze. Buttarsi a far sapone senza averci capito nulla di quanto avviene quando una miscela caustica viene aggiunta a dei grassi non solo è pericoloso, ma può portare a una serie infinita di pasticci. Studiare vuol dire lavorare in sicurezza, perché una delle prime cose da imparare perfettamente, è come ci si protegge dalla soda caustica. Ma vuol anche dire raggiungere risultati buoni da subito, senza perdite di tempo, sprechi e attacchi di ansia. Che cosa serve per studiare? Una fonte affidabile. Che sia un corso, un libro, un sito, un tutorial… ognuno scelga la fonte che preferisce, ma attenzione alla qualità di quello che vi viene offerto. A pescare a caso in internet si rischia di tirar su non solo, come si dice a Roma, delle “sole”, ma persino di farsi male.

Il secondo passo è prova! Quando uno si è fatto un’idea del processo più facile (il metodo a freddo di base), quando ha capito bene come ci si comporta con la soda caustica e si sente pronto al grande passo, non ha che da scegliere una ricetta molto facile e provare. La mia super-classica 100% oliva è un ottimo punto di partenza. E’ facilissima e basta poco per mettere insieme gli ingredienti: 1 kg di olio di oliva (evo, non-evo, sansa, tutti i tipi vanno bene…), 128 grammi di soda caustica, 300 grammi di acqua.

Il terzo passo è sbaglia! Non c’è niente di più utile degli errori per capire e perfezionarsi. L’ansia da prestazione è deleteria sempre, anche quando si fa sapone. Imparare richiede tempo, richiede pazienza con se stessi e la capacità di non farsi prendere dal panico o dallo sconforto se qualcosa non è andato per il verso giusto. Tra parentesi, studiare aiuta anche in questo caso. Perché si capisce quale può essere il risultato e non si rischia di partire con aspettative che non corrispondono alla realtà delle cose. Sbagliare porta a volersi confrontare con altri, a farsi delle domande. E allora, benvenuti a condividere i vostri dubbi di sapone sulla nostra mailing o sul nostro gruppo Facebook o su questo blog.

Come calcolare lo sconto o l’eccesso di soda?

I termini “sconto soda”, in italiano, o “superfatting”, in inglese, vogliono dire la stessa cosa e cioè: lasciare nel sapone finito una parte di grasso “libero”, non saponificato. Il fatto che una parte del grasso resti intatto, significa che diminuisce leggermente il potere detergente del sapone (potere detergente dato dalle caratteristiche di ciascun grasso) e che quindi il sapone sarà più delicato. Lo sconto della soda nei saponi solidi ha un range che, di norma, va dal 5 al 12% nei saponi per il corpo, mentre si lavora in eccesso di alcali per quelli da bucato (da più 3 fino a più 10% come spiego in questo post).

Lo sconto 5% è quello base per saponi multiuso, adatti a persone con pelle sana e normale. Lo sconto si calcola in due modi:

  1. Sul totale dei grassi di una ricetta, senza ulteriori aggiunte di oli. Esempio: su 1 kg di olio di oliva, calcolo la soda totale che è 134 g e poi la sconto del 5% e uso quindi 128 g di soda scontata;
  2. Un sistema che ha senso specie nei metodi a caldo è invece il calcolare uno sconto sul totale dei grassi della ricetta e aggiungere una parte di olio dopo la cottura per avere uno sconto complessivo più alto. Esempio: ho un 1 kg olio di oliva su cui sconto il 5%, poi aggiungo 20 g di oleolito dopo la cottura (oleolito che non era stato incluso nel grasso base della ricetta) e vado a uno sconto totale del 7% (5+2).

Imparata questa regola generale, si possono sperimentare delle eccezioni: eccessi di soda per i saponi da bucato (da + 3 a +10%) o sconti molto alti (-12-15%) per saponi super grassi. Scontare molto significa: avere saponi più molli, più rischio di ossidazione, ma questi svantaggi si possono correggere con combinazioni di grassi poco ossidabili, metodo ad acqua scontata, lunghe stagionature.

Queste regole per lo sconto della soda non valgono per i saponi liquidi fatti con idrossido di potassio, per i quali è consigliato di non superare lo sconto massimo del 3%. Nei saponi liquidi addirittura si lavora in eccesso di alcali per tutta una serie di fattori legati all’instabilità della titolazione dell’idrossido di potassio. L’argomento è complesso e, se vi interessa, approfonditelo con testi professionali, non con post su Internet.

Formula per calcolare lo sconto soda caustica nei saponi solidi: 

  1. Prima calcolo la soda totale, moltiplicando il peso dell’olio in grammi per il suo coefficiente di saponificazione. Se ho una ricetta con molti grassi, calcolo la soda per ciascuno e poi sommo i risultati. Se saponifico un kg, cioè 1000 grammi, di olio di oliva e so che il suo sap è 0,134, il calcolo della soda totale è : 1000 x 0,134 = 134 g
  2. Calcolata la soda totale, posso calcolare lo sconto con questa formula:             Soda totale x (100 – sconto voluto) / 100 Nel nostro caso diventa: 134 x (100 – 5) / 100 = 134 x 95 /100 = 127,3 grammi soda

Formula per calcolare l’eccesso di soda caustica nei saponi solidi:

  1. Si calcola la soda totale come spiegato sopra, moltiplicando il peso dei grassi in grammi per il rispettivo Sap.
  2. Si imposta e risolve la seguente formula                                                              Soda totale x (100 + eccesso voluto) /100

Calcolare il volume degli stampi

A volte ci chiedono, come si calcola il volume dello stampo – o per converso, quanto sapone devo fare per riempire il mio stampo?

Anche qui, ci sono almeno due risposte possibili – una un po’ approssimativa, ma funzionale; e una più precisa, ma più complessa e laboriosa da applicare.

Cominciamo con la risposta semplice. Chi fa sapone sa (empiricamente) che la pasta di sapone fresca è un po’ più pesante dell’acqua. Ciò significa che lo spazio occupato dalla pasta di sapone sarà un po’ inferiore allo spazio che occuperebbe lo stesso peso di acqua.

Pertanto, se volete assicurarvi che la vostra pasta di sapone sia sufficiente e stia negli stampi che volete usare, dovrete per prima cosa calcolare il peso totale degli ingredienti in ricetta. Pesate poi in un recipiente qualsiasi altrettanta acqua e versatela negli stampi: facile, no?

Per la risposta “scientifica”, dovrete calcolare individualmente il volume dei singoli ingredienti in base al loro peso specifico. Confronterete poi la somma dei volumi col volume degli stampi che intendete usare.

Se scegliete il metodo “scientifico”, fate riferimento ai vostri libri per i calcoli – e tenete presente che, per effetto del calore, la pasta del sapone a freddo può aumentare di volume durante la fase del gel. Calcolate quindi un margine di sicurezza per essere certi che la pasta di sapone non fuoriesca dagli stampi.

Il tuo sapone naturale: quarta edizione

Il tuo sapone naturale: metodi e consigli pratici (metodi, ingredienti, ricette)

tutto nuovo, a partire dalla copertina!

 

È uscita la quarta edizione del manuale più completo per il sapone autoprodotto, completamente rivisto nella struttura e aggiornato nei contenuti.

Leggete l’annuncio sul nostro blog a quattro mani su garzena-tadiello.com.

Scoprite tutti i particolari del libro sulla pagina dedicata a Il tuo sapone naturale su Vivere naturalmente.net.

Temperature di miscela

Qualcuno ogni tanto ci chiede come mai consigliamo di unire la soluzione caustica ai grassi a determinate temperature, e perché suggeriamo di regolare le temperature degli ingredienti in modo che la soluzione caustica sia sempre di qualche gradi più bassa di quella dei grassi.

Ecco la risposta breve: si tratta di un consiglio basato sull’esperienza comune, nato dall’osservazione empirica che il fenomeno del vulcano si verifica (molto) più di frequente quando la soluzione di NaOH è troppo calda. A margine, è proprio questa la ragione che ci spinge a consigliare i metodi tutto a freddo e ad acqua ridotta come evoluzioni che richiedono un’esperienza (di prima mano) già consolidata col metodo a freddo di base.

Risposta lunga… a beneficio degli “scienziati” del sapone fatto in casa 🙂

Nel 2004 e nel 2006, con le prime edizioni dei nostri libri, il concetto di avere la soluzione caustica alla stessa o a una più bassa temperatura dei grassi era stato ripreso dalle fonti allora disponibili (Cavitch, Coss, Miller) e confermato dalle verifiche effettuate da centinaia di iscritti alle comunità di allora, le mailing list quali Sapone (in italiano), Soap Naturally, Hot Soap, UK Soaping (in inglese). Non avendo prove in contrario di prima mano, non abbiamo avuto ragione di cambiare quel consiglio – e questo, anche quando comparve il concetto del metodo tutto a freddo. Peraltro, quest’ultimo sfrutta il calore della soluzione caustica per sciogliere dei grassi solidi, cosa che potrebbe abbassare più rapidamente la temperatura della miscela – se qualcuno fosse interessato, non sarebbe difficile verificarlo “scientificamente”.

Per esperienza diretta, ho invece verificato di prima mano quel che succede aggiungendo la soluzione caustica senza preoccuparmi delle temperature. Ho ripetuto l’esperimento diverse volte e, guarda caso, ho avuto più spesso il problema di trovarmi con una pasta di sapone quasi solida prima ancora di poter aggiungere eventuali additivi. Coincidenza? Colpa dei grassi usati? Anche qui… chi vuole può fare le verifiche “scientifiche” del caso. Rimane tuttavia il fatto che, se aggiungo la soluzione caustica quando la sua temperatura è inferiore a quella dei grassi, ho sempre meno problemi… e non mi capita di dover “cazzuolare” il sapone a freddo negli stampi!!! (facendo salve le eccezioni dei saponi che usano ingredienti notoriamente “ammassanti”)

Per quanto mi possa incuriosire, non mi sembra essenziale svolgere altri esperimenti per “giustificare” un’affermazione che ha solo valore indicativo (non “normativo”), e che si basa su esperienze dirette e motivi ragionevoli, verificati e condivisi anche da altri autori.

Lascio pertanto il campo aperto (e spazio su questo blog per pubblicare i risultati) a chi volesse cimentarsi nella dimostrazione “scientifica” del perché si preferisce che la soluzione caustica sia un pochino più fredda dei grassi.

Purificare i grassi: il metodo di Marina

In passato, ho inviato diversi messaggi alla lista dei saponai per illustrare il mio metodo di purificazione di oli e grassi che potrebbero impartire al sapone odori sgradevoli. Lo riporto anche qui a beneficio di tutti gli interessati.

Grassi animali e oli di frittura andrebbero “purificati” prima di trasformarli in sapone.

L’operazione richiede una cottura abbastanza lunga e un periodo di raffreddamento consistente. Per evitare sprechi di tempo e di combustibili, conviene mettere in programma la purificazione dei grassi nelle stagioni fresche/fredde (autunno, inverno) e prevedere di lavorare su quantitativi di grassi/oli di almeno un chilo per tipo. Ricordate di non mescolare grassi di diversa provenienza (bovino, ovino, diversi grassi vegetali) per evitare problemi coi valori di saponificazione.

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