Domande frequenti: ma se non metto l’amido o la farina che cosa succede?

Certe formule di sapone, comprese parecchie delle nostre, contengono tra gli ingredienti piccole dosi di amido o farine. Si tratta di additivi, cioè di “aggiunte” facoltative la cui presenza o assenza non compromette il risultato finale. La risposta alla domanda che apre questo post è dunque molto semplice: se non metti amido o farina nel sapone, non succede proprio *niente*!

Per capirlo però bisogna prima di tutto chiedersi qual è la funzione di questi additivi e quali risultati si vogliono ottenere usandoli. Una domanda che dovrebbe valere per qualsiasi ingrediente si decida di aggiungere al sapone.

Funzione delle farine nel sapone – Quelle a grana grossa (mais bramato, crusca, etc) hanno una leggera funzione esfoliante, come i piccoli semi e le erbe secche. Non sono però efficaci come il sale o la polvere di pomice, perché tendono ad assorbire acqua durante la saponificazione e ad ammorbidirsi. Di solito, volendo ottenere un sapone a leggero effetto scrub usando le farine, conviene farlo a strati, aggiungendo la farina soltanto a una parte della pasta di sapone per evitare che si disperda in tutta la massa e perda quindi la (poca) efficacia. La quantità di farina che si usa in questo caso è nell’ordine di pochi cucchiai, da aggiungere a una parte della pasta di sapone prima di versarla nello stampo.

Funzione degli amidi (e delle farine fini) nel sapone – Gli amidi di riso o di mais, così come le farine fini, possono essere usati come blandi fissatori delle profumazioni. In tal caso, non vanno semplicemente aggiunti nella miscela di sapone, ma è necessario prepararli prima in questo modo: qualche ora prima di far sapone, meglio ancora se il giorno prima, si versa l’amido o la farina in un vasetto di vetro a chiusura ermetica, si aggiunge la profumazione (oli essenziali o fragranze), si mescola, si chiude ermeticamente e si lascia riposare. Questo farà in modo che l’amido si impregni di profumo e che, per quanto sarà possibile, lo trattenga nel momento in cui sarà disperso nel sapone. La quantità di amidi o farine che si usa a questo scopo è minimale: di solito 1 o 2 cucchiaini, a seconda della quantità di profumazione da fissare. E’ un accorgimento che, come detto, non garantisce miracoli. Voledo una profumazione persistente, meglio puntare sulla quantità e qualità degli oli essenziali o delle fragranze, lasciando perdere l’amido.

Le farine fini contengono proteine e amidi che possono contribuire a diminuire il potere detergente del sapone, rendendolo più delicato. E’ il caso, per esempio, dell’avena. Anche a tal scopo però l’aggiunta va fatta con cognizione, senza esagerare, per evitare di trovarsi con un sapone spugnoso, bavoso e facile preda delle muffe. Uno o due cucchiai colmi per chilo di grassi sono di solito sufficienti.

Farine e amidi non vanno mai aggiunti ai saponi destinati al bucato, perché contribuiscono a creare residui insolubili che si appiccicano sui tessuti e nelle tubature. I saponi destinati al bucato devono invece potersi dissolvere velocemente e totalmente.

Sul web esistono formule demenziali di saponi con quantità enormi di farina che vengono utilizzate per emulsionare e far rapprendere un pastrocchio di olio e acqua che, altrimenti, non si addenserebbe nemmeno a piangere. Ma si tratta, appunto, di ricette demenziali. Approfondimenti sui metodi per fare il sapone, sugli ingredienti e le loro combinazioni, li trovate nel nostro manuale “Il sapone fatto in casa for Dummies“.

Prima spesa dell’apprendista saponaio

olio di vinaccioliAll’inizio capita un po’ a tutti. Si leggono le formule sui manuali o su internet e ci sente scoraggiati per via della grande quantità di ingredienti “strani” che sembrano contenere.

In realtà, per cominciare a fare sapone non è necessario dilapidare uno stipendio e nemmeno portarsi in casa decine di oli o additivi particolari, soprattutto se ancora non si è compreso, fino in fondo, come utilizzarli e quando.

Dovendo ipotizzare una dispensa minimale dell’apprendista saponaio, direi che è indispensabile procurarsi:

  • Un olio insaturo come l’oliva già basterebbe, ma volendone un altro da abbinare si può scegliere tra olio di riso o olio di mandorle per stare su quelli facile da trovare.
  • Olio di cocco, ingrediente fondamentale per la schiuma
  • Un paio di grassi saturi, a scelta, tra quelli vegetali o animali
  • Olio di ricino, non fondamentale, ma se c’è e si abbina con l’olio di cocco, la schiuma migliora
  • Soda caustica, ovviamente. No soda, no sapone!
  • Un paio di oli essenziali a scelta. La lavanda è un super classico. Magari evitare gli agrumi che hanno sì un aroma fantastico ma, se non si usano in dosi congrue, svaniscono subito. Un’alternativa agli oli essenziali sono le fragranze cosmetiche per sapone. Si trovano solo online, ma hanno un’ottima resa. Nel nostro gruppo su Facebook c’è un elenco sempre aggiornato sulle fragranze che ammassano.
  • Volendo fin da subito darsi alla soap-art, si possono acquistare online un paio di miche cosmetiche. Nel gruppo Facebook ci sono gli album sui colori che si possono ottenere, invece, con ingredienti naturali.
  • Tra gli additivi, quelli che può valere la pena acquistare all’inizio sono gli anti-ossidanti (sodio gluconato o oleoresina di rosmarino) e, volendo anche l’effetto anti-scum, il sodio citrato. Non è scritto sulla pietra che *tutti* li debbano usare *sempre*. Ma possono servire, ecco.

Additivi, fragranze, miche e alcuni oli si acquistano più facilmente online. Nel nostro gruppo su Facebook c’è un elenco dei fornitori e tante altre informazioni su dove trovare i materiali.

Utensili per fare il sapone: un riepilogo generale

Ho pensato di fare un post che riassuma, in maniera molto schematica, quali attrezzature sono richieste nei diversi metodi per fare il sapone. L’elenco va dalle tecniche più semplici a quelle più complesse.

Attrezzature per tutti i tipi di sapone
•    Una bilancia elettronica di portata sufficiente, con divisione al grammo.
•    Una scodellina in ceramica o in plastica dura per pesare gli alcali.
•    Un bollitore per il latte o pentolina in acciaio inox per la soluzione caustica.
•    Cucchiai e cucchiaini di acciaio inox; volendo, cucchiai dosatori di acciaio.
•    Scodelline di vetro, di porcellana, di ceramica non porosa o di acciaio inox per dosare gli ingredienti facoltativi; volendo, misurini dosatori in vetro da laboratorio o acciaio inox.
•    Posate a manico lungo di acciaio inox, spatole o mestoli di materiale plastico resistente agli alcali, spatole in silicone.
•    Un frullatore a immersione con lame di acciaio inox.
•    Una vaschetta di plastica per appoggiare il frullatore a immersione intanto che lavorate.
•    Un termometro da cucina, da caseificio o cantina che arrivi a 100 gradi. Oggi esistono anche termometri da cucina digitali contact-less
•    Stracci, vecchi giornali, pezzi di cartone per proteggere il piano di lavoro, appoggiare e pulire gli attrezzi.
•    Stampi per le saponette, secchielli o flaconi per i saponi liquidi.
•    (Facoltativo) Attrezzature o materiali per misurare il pH.

Attrezzature per il sapone solido a freddo
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Una pentola di acciaio inox.
•    Vecchie coperte o asciugamani per isolare il sapone.

Attrezzature per il sapone solido a freddo con decori swirl
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Contenitori in acciaio o in plastica dura per dividere la pasta nei vari colori.
•    Bottigliette o flaconi di plastica con tappo/beccuccio erogatore (tipo quello delle salse o dei cosmetici) anche riciclate per le colature di precisione.
•    Spatole in silicone, bastoncini tipo “cinesi”, filo d’acciaio per giardinieri da modellare a forma di gancio, ferri da maglia in plastica, forchettine da dessert, uncinetti, coltellini, spiedini per i disegni.
•    Un imbuto di plastica per colate circolari.
•    Un piccolo parallelepipedo di legno o un piccolo tetrapack da 200 ml per le colature “dalla colonna”.

Attrezzature per il sapone liquido a freddo
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Un secchiello di plastica con coperchio.

Attrezzature per saponi a caldo (solidi, liquidi, trasparenti, in crema, rilavorati)
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone:
•    Un sistema di pentole dove possiate inserire la pentola del sapone in una seconda pentola di acciaio inox per la cottura a bagnomaria, oppure una pentola di acciaio adatta per la cottura nel forno, oppure una pentola elettrica a temperatura controllata per il metodo col crockpot.

Attrezzature per saponi in crema e trasparenti
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone e per i saponi a caldo:
•    Qualche vasetto di vetro da conserva con tappo ermetico.

Attrezzature per il sapone montato (whipped)
Oltre a quanto elencato per tutti i tipi di sapone e per i saponi solidi a freddo:
•    Una frusta elettrica.
•    Una tasca da pasticcere – anche di quelle usa-e-getta – con bocchette di varia forma e misura; oppure della carta da forno se sapete come farvi da soli i coni per decorare (sac-à-poche).
Tutti i metodi sono descritti nel manuale Sapone fatto in casa for dummies. Non fate sapone se prima non avete imparato le necessarie precauzioni per maneggiare gli alcali.

Impara a fare il sapone in sei tappe

Ognuno di noi ha il suo metodo per imparare cose nuove. C’è chi ha bisogno di leggere dieci manuali di fila, chi invece ha bisogno di vedere qualcun altro all’opera, c’è chi si sente sicuro soltanto se prova da solo, chi preferisce partire dal fondo e ripercorrere tutto il procedimento all’inverso…

Marina ed io siamo consapevoli di queste differenze individuali e non abbiamo mai voluto imporre un unico sistema per imparare a fare il sapone. Quello che abbiamo sempre consigliato, invece, è un percorso di apprendimento basato sulla nostra esperienza e su quella di tanti apprendisti saponai, che abbiamo incontrato e aiutato nel corso degli anni. Qui abbiamo provato a riassumere il nostro percorso di apprendistato in sei passi.

•    Passo 1: Fatevi la mano con la saponificazione partendo dal metodo a freddo di base. Provate le ricette più semplici, con pochi ingredienti. Anche se all’inizio la voglia di sperimentare con tantissime cose è fortissima, resistete e procedete per gradi, aggiungendo nuovi ingredienti uno (o due) per volta e studiando le loro reazioni e le vostre prima di proseguire. Cominciate a capire come formulare le vostre ricette, scegliendo e dosando gli ingredienti secondo i criteri che avrete man, mano imparato. Prendete appunti, rileggeteli, confrontatevi con altri saponai più esperti. Sbagliate ma in sicurezza! Senza mai transigere sulle precauzioni quando avete a che fare con le miscele caustiche.

•    Passo 2: Quando vi sentite sicuri col metodo a freddo, sperimentale con quello a caldo a bagnomaria. Ripetete le ricette fatte a freddo e valutate le differenze.

•    Passo 3: Ora siete pronti per sperimentare i metodi tutto a freddo e a temperatura ambiente, le tecniche per gli swirl e altre tecniche a caldo (nel forno, col crockpot).

•    Passo 4: Quando vi sentite sicuri coi saponi solidi, potete cominciare a sperimentare con quelli liquidi, prima a freddo e poi a caldo.

•    Passo 5: La vostra esperienza di saponai vi rende ora sicuri di poter affrontare i saponi montati e il metodo ad acqua ridotta.

•    Passo 6: A questo punto potete cominciare a considerarvi dei saponai esperti ma se volete saperne ancora di più ci sono i saponi trasparenti, il levato su liscivia, i saponi a caldo super veloci e il sapone in crema.

Per tutti: dopo i primi due passi (imparare i metodi a freddo e a caldo), il percorso non è obbligatorio e sequenziale. Sceglierete voi quale percorso seguire per affinare la vostra esperienza: non tutti sono interessati ai saponi liquidi, agli swirl o ai saponi montati. Ma, soprattutto all’inizio, seguite formule testate da persone di cui conoscete l’autorevolezza e l’esperienza, non affidatevi alla prima ricetta che trovate su un blog o su un sito. Prendete l’abitudine di rifare per conto vostro i calcoli della soda anche quando seguite la formula di altri: vi aiuterà a imparare ma anche a evitare eventuali errori di stampa o battitura.

Vendere sapone autoprodotto: sì ma solo se sei in regola

Se dovessimo fare una classifica delle domande che riceviamo più di frequente, quella sulla vendita del sapone autoprodotto starebbe di sicuro al primo posto. Abbiamo pensato di raccogliere in un post i quesiti ricorrenti e di dare una risposta cumulativa.

Domande

1. A chi ci si rivolge per chiarire la normativa sulle vendite nei mercatini e simili?

2. Ci sono deroghe alla norma per chi vende nei mercatini o nell’ambito di attività di beneficienza?

3. Bisogna rendere tracciabile il sapone autoprodotto per poterlo vendere?

4. In breve, puo’ chi fa altro per lavoro e non ha un laboratorio a norme vendere il sapone autoprodotto “in maniera lecita, e alla luce del sole, senza incappare in possibili sanzioni?”

Risposte

La risposta breve all’ultima domanda, che riassume un po’ tutte le altre, è no.

Non ci sono scappatoie per vendere sapone e cosmetici senza avere un laboratorio a norme, la supervisione di un tecnico con adeguata competenza professionale, delle ricette certificate, una filiera di ingredienti pure certificati e una struttura aziendale tracciabile. Sappiamo che non sarete contenti di sentirla… e speriamo possa servire una breve panoramica sui perchè.

Da una parte, ci sono i limiti imposti dalla normativa europea, alla quale si è allineata anche l’Italia, che vieta la vendita e la distribuzione (anche gratuita!) di cosmetici se non si dispone di quei requisiti. Si tratta di norme a tutela del consumatore, che salvaguardando la professionalita’ dei produttori ne limitano i rischi in caso (per esempio) di richieste di danni. Del Regolamento Europeo 1223/2009 e della sua applicazione in Italia si parla in dettaglio nel sito del Ministero della Salute che è l’ente responsabile di riferimento. Vendere senza essere in regola può esporre al rischio di una denuncia penale in caso il compratore lamenti un danno (per esempio, una reazione allergica provocata dal sapone).

E’ bene sapere inoltre che la norma non prevede alcuna scappatoia per la vendita del cosiddetto “sapone decorativo”. Al di là della ridicolaggine del termine – sarebbe come vendere gelato da ascolto o pizza da massaggio – il sapone è e resta un cosmetico e in quanto tale è trattato dalla legge italiana.

Dall’altra, ci sono le considerazioni di tipo etico nei confronti di chi fa del sapone un lavoro “vero”, pagando le tasse e spendendo quel che c’è da spendere per avere certificazioni e permessi. Per quanto minima, qualunque attivita’ produttiva richiede inoltre una struttura “aziendale” di controllo dei costi e della qualità del prodotto.

Sicuramente non vale per voi, ma non ci vuole molto a immaginare “affaristi” senza scrupoli, pronti a fare saponaccio e venderlo “sottocosto” per sbaragliare la concorrenza, mettendo a rischio la salute degli acquirenti. Ecco, i limiti e le pastoie sono lì proprio per arginare questo tipo di problema.

Aggiungiamo qui, per completezza delle informazioni, che nell’ultimo nostro libro, “Sapone fatto in casa For Dummies“, abbiamo dedicato un intero capitolo a questo argomento, dove troverete indicazioni precise su come muoversi per cominciare a vendere con tutte le carte in regola. E nel nostro blog Sapo Kalinus vi raccontiamo storie virtuose di piccoli artigiani del sapone in Italia e all’estero.

I segreti del sapone che fa schiuma

Sapone for dummies (e per gatti)Come dev’essere il sapone perfetto? Biologico, gentile, profumato, colorato? Ovviamente sì. Ma la caratteristica che tutti, proprio tutti, sembrano pretendere dal proprio sapone è che faccia schiuma. Tanta, tantissima schiuma.

 

 

Come scriviamo nel nostro manuale Il sapone fatto in casa For Dummies 

la schiuma è il prodotto della sinergia tra l’azione fisica dello sfregamento e quella chimica della combinazione del sale-sapone con l’acqua e l’ossigeno dell’aria. (…) Se potessimo far sapone in laboratorio usando solo acidi grassi puri, e ci lavassimo in acqua distillata, i grassi che darebbero le soddisfazioni maggiori in fatto di schiuma sarebbero quelli che hanno una catena atomica lunga, e pertanto quelli monoinsaturi e insaturi. Così, per esempio, l’olio di cocco ha una catena più corta dell’olio di oliva perché contiene in prevalenza acido grasso laurico, che ha solo 12 atomi di carbonio, mentre la catena dell’olio di oliva ne ha 18.In teoria dunque, dal momento che l’olio di oliva ha una catena di atomi di carbonio più lunga dell’olio di cocco, dovrebbe fare più schiuma di quest’ultimo. Ma questo non è esattamente il contrario di tutto quello che si legge sul sapone? Perché allora si dice che è l’olio di cocco il principale responsabile della schiuma, mentre l’olio di oliva fa solo bavetta? Dov’è la verità? La verità sta, come al solito, nella complessità che caratterizza il mondo in cui viviamo e che quasi mai ci permette di dare risposte univoche. Qui regnano infatti altre variabili che influenzano la capacità del nostro sapone di fare schiuma: per esempio, la durezza dell’acqua e la sua temperatura.
Ed è proprio la combinazione di questi fattori esterni a caratterizzare l’olio di cocco come grasso “schiumogeno”, sebbene dal punto di vista della struttura chimica non abbia i numeri per essere il migliore. Nonostante la sua catena atomica corta infatti, l’olio di cocco trasformato in sale-sapone si scioglie meglio nell’acqua di rubinetto di quanto non facciano altri grassi saponificati; e lo fa a una temperatura più bassa, assicurando tante bolle a tutti gli amanti del genere”.

Nei primi capitoli del libro, spieghiamo quali ingredienti o additivi possono essere usati per creare le bolle, in combinazione o in sostituzione dell’olio di cocco. Qui possiamo fare un piccolo riassunto:

  • l’aggiunta di olio di ricino (nelle percentuali consentite) rende il sapone più schiumoso;
  • la presenza di oli di soia o di arachidi;
  • la presenza di olio di palmisto (olio di noccioli di palma) che ha la stessa resa e le stesse controindicazioni del cocco;
  • la presenza di ingredienti zuccherini (da usare con le cautele suggerite nel libro perchè fanno aumentare la temperatura della reazione chimica, con conseguenze che bisogna saper gestire…);
  • l’aggiunta di emulsionanti (per questo fate riferimento agli esperimenti sul gruppo facebook Il Mio Sapone dove questa teoria è nata);
  • l’aggiunta di lana o seta grezza (dosaggi e modalità indicate nel libro e nel gruppo);

C’è poi un piccolissimo e semplicissimo trucco per far schiumare il sapone, anche il meno… dotato di suo. Basta usarlo tenendolo avvolto in una retina (di mussola, di tulle, di cotone etc) e strofinarlo forte tra le mani prima di passarselo sul corpo. Easy peasy… 🙂

Per i patiti della chimica, tra i contenuti extra del libro For Dummies c’è una tabella con la composizione degli acidi grassi di ciascun olio e la loro resa nel sapone.

Ah, vi state chiedendo che cosa c’entri un gatto nel lavabo con questo post? Niente. Però era carino, dai… 😛

Miti da sfatare: l’olio di cocco è irritante

Le cose semplici, si dice, sono le migliori. Ed è vero. Ma secondo me non si può sempre dire altrettanto delle cose “semplificate”.

La semplificazione che spesso si fa su internet attorno a certi concetti che sono, invece, complessi, dà come esito finale la diffusione di “pezzi” di verità grossolanamente raffazzonati. Consolanti, magari, ma non aderenti alla realtà.

Lunga premessa per arrivare al dunque di una affermazione – “l’olio di cocco è irritante” – sulla quale è necessario fare qualche ulteriore riflessione. E qualche chiarimento.

Il povero olio di cocco in sè e per sé non è per niente irritante. E’ un grasso saturo di origine vegetale come altri che, per la dimensione delle sue molecole, tende a restare sulla pelle piuttosto a lungo, formando un film protettivo e non a caso è usato in burri per il corpo, unguenti e balsami per labbra. Ci possono essere implicazioni etico-ambientaliste riguardo il suo impiego, ma non è l’argomento di questo post.

L’olio di cocco però contiene, in notevole percentuale, un acido grasso specifico, il laurico, che, una volta fatto reagire con un alcali (soda caustica o potassio caustico), produce un sale sodico o potassico (per gli amici, sapone 🙂 ) con due caratteristiche molto specifiche. Un sapone di acido laurico fa una schiuma meravigliosa ed è anche molto – ma molto – detergente.

Ora, la detergenza è quel processo grazie al quale il grasso che si trova sulla superficie della nostra pelle viene staccato, miscelato con l’acqua e portato via. Un processo virtuoso quando si tratta di lavarci dallo sporco atmosferico e dalle tracce di Nutella sulle dita. Un processo stressante per la pelle quando, oltre alla Nutella, a finire nello scarico è anche quel sottile strato di grassi e liquidi che ne protegge la superficie e le impedisce di seccarsi e screpolarsi.

E qui veniamo al punto della nostra questione: che cos’è allora a essere irritante? Ed ecco la risposta:

è irritante l’uso continuato di saponi con un’alta percentuale di sali sodici o potassici di acido laurico, in presenza di una pelle che non tollera l’essere dilavata troppo in profondità.

Se la pelle, per i più svariati fattori individuali o ambientali, non ha la capacità di compensare l’eccessiva detergenza del sapone al cocco, ricostituendo il suo film protettivo, ecco che, a lungo andare, può sviluppare fenomeni irritativi. In alcune persone – e io sono tra quelle – la forza lavante dei saponi al cocco genera un po’ di secchezza o di prurito, da compensare con l’uso di una lozione o una crema dopo ogni doccia. In persone dall’epidermide più delicata o già irritata per altre cause può invece dare fastidi più “importanti”. Ma in altre persone con tipi di pelle più “resistenti” non dà alcun problema e anzi risulta un sapone molto schiumoso e piacevole. Usare solo olio di cocco in un sapone però richiede qualche cautela come ho spiegato in altro post su questo blog dedicato al Tuttococco.

Consiglio spicciolo per il saponaio che vuole formulare le sue ricette? Impara a conoscere la tua pelle e ad “ascoltarla”. Nel dubbio, tieni basso il dosaggio del cocco e controlla quali sono le tue reazioni a distanza di una settimana, un mese, tre mesi dal momento in cui hai cominciato a usare sapone che lo contiene. Usa comunque una crema o una lozione restitutiva perché, cocco o non cocco, la tua pelle te ne sarà grata!

Ancora una piccola cosa prima di chiudere: tutto questo discorso, dalla prima all’ultima sillaba, vale anche per l’altro olio ricco di acido grasso laurico, il palmisto. E’ noto anche come olio di noccioli di palma, deriva dalla stessa pianta da cui deriva l’olio di palma che però, siccome non contiene acido laurico, è del tutto “inoffensivo”.

Come scegliere ingredienti e metodi per il sapone che hai in mente

sapone-soap-iconVolete fare un sapone per il viso oppure ne volete uno con effetto-scrub? Vorreste preparare una saponetta per il vostro bambino ma non sapete da dove cominciare? La scelta degli ingredienti e del metodo per fare in casa il sapone che avete in mente può essere complicata, sia che abbiate cominciato da poco, sia che ormai abbiate una certa esperienza.

E’ facile perdersi tra tutte le varianti dei metodi a caldo o a freddo, ma anche confondersi nella combinazione dei grassi e nel calcolo dello sconto della soda. In base alla nostra esperienza abbiamo preparato una scheda di riepilogo che può aiutarvi a non perdere l’orientamento quando vi mettete a tavolino per “progettare” il vostro prossimo sapone.

Saponi da bagno e da doccia

Tipi di sapone: saponette, saponi liquidi, trasparenti, rilavorati

Ingredienti consigliati: nessuna limitazione nella combinazione degli oli. Scegliete grassi e additivi schiumogeni a seconda dei vostri gusti.

Ingredienti da evitare: solo quelli non graditi/tollerati da chi userà il sapone

Dosaggio degli alcali: sconto tra il 5 e l’8% per le saponette, sconti più alti in presenza di alte quantità di olio di cocco. Fino al 3% per i saponi liquidi.

Metodi consigliati: metodi a freddo e a caldo, metodi per i saponi liquidi, trasparente e rilavorati.

Saponi per pelli difficili

Tipo di sapone: saponette e rilavorati, evitate liquidi e trasparenti.

Ingredienti consigliati: ottimi i 100% oliva, attenzione nella scelta di grassi che producono saponi molto detergenti o dei grassi che possono dare allergie specifiche (vedi sotto). Restringete il campo degli additivi a latte, miele, zucchero, fibre di seta, catrame vegetale.

Ingredienti da evitare: olio di cocco e palmisto, usate con cautela ricino, burro di cacao, burro di karitè. Evitate gli additivi tranne quelli appena elencati, evitate fragranze e oli essenziali.

Dosaggio degli alcali: tra il 7 e il 15% per le saponette

Metodi consigliati: metodi a freddo e a caldo, rilavorati.

Saponi per i bambini

Tipo di sapone: saponette e rilavorati, evitare liquidi e trasparenti

Ingredienti consigliati: ottimi i saponi 100% oliva, con eventuale aggiunta di poco olio di
ricino (dall’1% al 3%) per migliorare la schiuma. Tra gli additivi consentiti: latte, miele, zucchero, fibre di seta. Nei saponi rilavorati potete usare oleoliti di calendula o camomilla come surgrassanti, oppure infusi delle stesse piante come liquido.

Ingredienti da evitare: oli di cocco e di palmisto. Usate con cautela olio di ricino, burro di
karitè e burro di cacao. Evitate tutti gli additivi salvo quelli citati. Evitate oli essenziali e fragranze nei saponi per bambini fino a 3 anni. Per bambini più grandi, dimezzate la quantità che usereste per gli adulti.

Dosaggio degli alcali: sconto tra il 9% e il 15%

Metodi consigliati: metodi a caldo con l’aggiunta di surgrassanti dopo la cottura, metodi per saponi rilavorati.

Dal sito dei Contenuti Extra del libro Sapone fatto in casa For Dummies, potete scaricare la scheda completa con le istruzioni per

  • saponi per il viso
  • saponi da barba e depilazione
  • saponi scrub
  • saponi shampoo
  • saponi per gli amici a quattro zampe
  • saponi per il bucato
  • saponi per la casa

Domande frequenti: da quale tipo di sapone comincio?

Siete alle prime armi? Non avete mai fatto sapone? Avete già esperienza col sapone ma vi sentite confusi dalla pioggia di informazioni (spesso contraddittorie) che trovate in rete e sui social?

Non fatevi prendere dall’ansia del non sapere come muovervi! Abbiamo preparato proprio per voi qualche dritta per indirizzarvi nella direzione giusta. Così avrete un aiuto in più per capire se è meglio cominciare coi saponi solidi, perché e quando potete passare a quelli liquidi e se esiste un percorso di apprendimento tra i vari metodi a freddo e a caldo.

Questi e molti altri documenti sono scaricabili gratuitamente dal sito del nostro ultimo manuale Sapone fatto in casa For Dummies, Edizioni Ulrico Hoepli Milano.

 

Stampi per sapone: una guida completa per sceglierli

stampi per saponeScegliere lo stampo giusto per il sapone non è soltanto una questione di estetica. Le forme posso influire sul risultato finale anche per quanto riguarda la texture e la qualità di una saponetta.

Stampi troppo piccoli, troppo grandi o di materiale non adatto possono infatti interferire con le temperature della saponificazione e produrre, per esempio, saponi che tendono a sbriciolarsi durante il taglio oppure che hanno difetti nella colorazione o che non sono andati in gel. E tutti i saponai sanno quanto è importante che la loro “creatura” attraversi la fase del gel, vero?

Per facilitare la scelta dello stampo giusto abbiamo realizzato una tabella-guida dove elenchiamo e spieghiamo i pro e i contro delle diverse soluzioni.

Se avete bisogno di capire quanto sapone ci può stare in un certo stampo, vi farà comodo consultare le istruzioni per calcolare il volume del sapone pubblicate da Marina.