Vendere sapone autoprodotto: sì ma solo se sei in regola

Se dovessimo fare una classifica delle domande che riceviamo più di frequente, quella sulla vendita del sapone autoprodotto starebbe di sicuro al primo posto. Abbiamo pensato di raccogliere in un post i quesiti ricorrenti e di dare una risposta cumulativa.

Domande

1. A chi ci si rivolge per chiarire la normativa sulle vendite nei mercatini e simili?

2. Ci sono deroghe alla norma per chi vende nei mercatini o nell’ambito di attività di beneficienza?

3. Bisogna rendere tracciabile il sapone autoprodotto per poterlo vendere?

4. In breve, puo’ chi fa altro per lavoro e non ha un laboratorio a norme vendere il sapone autoprodotto “in maniera lecita, e alla luce del sole, senza incappare in possibili sanzioni?”

Risposte

La risposta breve all’ultima domanda, che riassume un po’ tutte le altre, è no.

Non ci sono scappatoie per vendere sapone e cosmetici senza avere un laboratorio a norme, la supervisione di un tecnico con adeguata competenza professionale, delle ricette certificate, una filiera di ingredienti pure certificati e una struttura aziendale tracciabile. Sappiamo che non sarete contenti di sentirla… e speriamo possa servire una breve panoramica sui perchè.

Da una parte, ci sono i limiti imposti dalla normativa europea, alla quale si è allineata anche l’Italia, che vieta la vendita e la distribuzione (anche gratuita!) di cosmetici se non si dispone di quei requisiti. Si tratta di norme a tutela del consumatore, che salvaguardando la professionalita’ dei produttori ne limitano i rischi in caso (per esempio) di richieste di danni. Del Regolamento Europeo 1223/2009 e della sua applicazione in Italia si parla in dettaglio nel sito del Ministero della Salute che è l’ente responsabile di riferimento. Vendere senza essere in regola può esporre al rischio di una denuncia penale in caso il compratore lamenti un danno (per esempio, una reazione allergica provocata dal sapone).

E’ bene sapere inoltre che la norma non prevede alcuna scappatoia per la vendita del cosiddetto “sapone decorativo”. Al di là della ridicolaggine del termine – sarebbe come vendere gelato da ascolto o pizza da massaggio – il sapone è e resta un cosmetico e in quanto tale è trattato dalla legge italiana.

Dall’altra, ci sono le considerazioni di tipo etico nei confronti di chi fa del sapone un lavoro “vero”, pagando le tasse e spendendo quel che c’è da spendere per avere certificazioni e permessi. Per quanto minima, qualunque attivita’ produttiva richiede inoltre una struttura “aziendale” di controllo dei costi e della qualità del prodotto.

Sicuramente non vale per voi, ma non ci vuole molto a immaginare “affaristi” senza scrupoli, pronti a fare saponaccio e venderlo “sottocosto” per sbaragliare la concorrenza, mettendo a rischio la salute degli acquirenti. Ecco, i limiti e le pastoie sono lì proprio per arginare questo tipo di problema.

Aggiungiamo qui, per completezza delle informazioni, che nell’ultimo nostro libro, “Sapone fatto in casa For Dummies“, abbiamo dedicato un intero capitolo a questo argomento, dove troverete indicazioni precise su come muoversi per cominciare a vendere con tutte le carte in regola. E nel nostro blog Sapo Kalinus vi raccontiamo storie virtuose di piccoli artigiani del sapone in Italia e all’estero.

Sapone nero marocchino: variazioni sul tema /1

black moroccan soapUn sapone “antico” che conserva il suo fascino e i suoi misteri. A differenza del Marsiglia, dell’Aleppo o del sapone di Nablus dei quali è nota la storia e per i quali esistono moltissime versioni delle formule originali, il sapone marocchino o Beldi continua a rappresentare un piccolo enigma.

In uno degli ultimi numeri della rivista americana Making Soap Mag, l’unico giornale al mondo dedicato al sapone artigianale e homemade, Marina Tadiello ha presentato alcune interviste a saponaie che hanno accettato di condividere le loro libere interpretazioni del sapone marocchino. Ringraziamo Kathy Tarbox, editore, e il direttore responsabile Beth Byrne che ci hanno permesso di tradurre e condividere il testo sul nostro blog.

Amal Bassa, Nevada (Usa) – Beldi con idrossido di potassio

“La mia passione per il sapone iniziò da bambina quando osservavo mia nonna preparare sapone di Castiglia con l’olio di oliva. Essendo originaria del Medioriente, per me il sapone era essenzialmente olio di oliva. Ora, con due lauree in Chimica, insegno a far sapone ai miei studenti quale esempio classico di reazione acido-base. La saponificazione è una delle più interessanti e divertenti reazioni da realizzare in un laboratorio. La mia sperimentazione col Beldi ebbe inizio qualche anno fa, quando i miei amici marocchini mi iniziarono a questa antica formula. E fu amore a prima vista. Quando preparo il sapone Beldi, comincio con una soluzione di idrossido di potassio disciolto in acqua. Verso l’alcali nell’acqua e mescolo fino a quando non si è dissolto completamente. E’ un passaggio pericoloso, perché la soluzione caustica è molto reattiva e bisogna adottare tutte le precauzioni del caso”.

ATTENZIONE! Se non avete mai fatto sapone e non sapete come maneggiare gli alcali, potete partire dal nostro sito, ma le istruzioni complete su come lavorare con l’idrossido di potassio e come fare il sapone a caldo le trovate nei nostri manuali “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici” e “Il sapone fatto in casa For Dummies” Non fate sapone se non avete imparato come proteggervi dagli alcali e come lavorare in sicurezza!

Quando la soluzione caustica è pronta, la miscelo con l’olio di oliva. In una delle mie formule preferite uso:

  • 450 grammi di olio di oliva
  • 90 grammi di idrossido di potassio (titolo 96-98)
  • 170 grammi di acqua

Quando la soluzione caustica è miscelata all’olio, frullo col frullatore a immersione fino a quando non raggiungo il nastro. A questo punto continuo la preparazione del sapone a caldo, usando la pentola elettrica a temperatura controllata (tipo crockpot). Di solito la cottura richiede 3 ore e il sapone è pronto quando la sua consistenza diventa simile alla Vaselina”.

Questa ricetta è la base del sapone Beldi di Amal. Se volete aggiungere altri ingredienti, potete prendere ispirazione dal suo sito Soap Oasis.com

Trovate il procedimento in dettaglio, altre ricette e tutti i metodi contemporanei per far sapone in casa nei libri sul sapone naturale di Patrizia Garzena e Marina Tadiello.

Il levato su liscivia: impara il metodo dei saponi di Marsiglia e Aleppo

marsigliaIl metodo descritto come levato su liscivia, o fully boiled in inglese, è quello utilizzato dalle prime fabbriche di sapone europee e mediorientali. Sostituito nella produzione industriale di massa dai cosiddetti metodi in continuo, viene comunque tuttora applicato come metodo in caldaia nei saponifici artigianali. In questo metodo, adatto molto più alla produzione industriale che ai saponai casalinghi, i grassi vengono bolliti in una soluzione alcalina, nella quale finiscono la glicerina ed eventuali impurità. Il sapone risultante è un sale sodico puro, senza grassi liberi e senza glicerina.

Un metodo per saponi “antichi” – Alla famiglia dei saponi ottenuti con questo procedimento appartengono il sapone di Marsiglia (un sapone duro, di solito a base di olio di oliva e destinato principalmente al bucato) e il sapone di Aleppo, che si distingue perché tra gli ingredienti annovera l’olio di bacche d’alloro. Nei paesi anglosassoni, si parla invece di Castile soap (sapone di Castiglia, spesso scritto nella grafia francese Castille) per descrivere sinteticamente tutti i saponi duri a base di olio di oliva, prodotti con eccesso di soda. In pratica, non ci sono differenze sostanziali tra questi tipi di sapone. Quel che li accomuna è il procedimento di lavorazione, il metodo che qui descriviamo come levato su liscivia. Quel che li distingue sono gli ingredienti e le abitudini d’uso.

Un salto indietro nel tempo – Come spieghiamo nel Capitolo 1 del nostro manuale Sapone fatto in casa for dummies, le origini del sapone sono incerte, ma si ritiene risalgano alle tradizioni del Medio Oriente e ai saponi di Aleppo (in Siria) e di Nablus (in Palestina), dove pare esistessero laboratori specializzati per la produzione del sapone fin dal XII secolo. Le fabbriche europee più antiche sorsero sulle sponde del Mediterraneo, prima forse a Gallipoli in Puglia, poi a Savona, poi a Marsiglia e in Spagna. I metodi di produzione sono praticamente gli stessi dappertutto: cambiano però le ricette, che sono strettamente legate alla disponibilità locale di grassi adatti.In Siria, l’olio utilizzato per la saponificazione è una miscela di olio di oliva e di bacche di alloro: ecco il sapone di Aleppo. In Palestina, in Italia e in Spagna si usa esclusivamente olio di oliva — come si faceva inizialmente a Marsiglia, prima che le esigenze di produzione richiedessero “tagli” con oli meno pregiati, tra cui l’olio di palma (materia prima di basso costo, importata dalle colonie francesi) e quello di arachidi. Il procedimento di lavorazione preindustriale richiedeva la bollitura dei grassi con acqua, sale e una sostanza alcalina ricavata dalle ceneri di piante locali, come la Salicornia e la Salsola kali, la famosa barilla del sapone di Castiglia. Dal XIX secolo, l’idrossido di sodio sostituisce le liscivie di cenere nei saponi europei. La tradizione siriana vuole invece che ancora oggi il “vero” sapone di Aleppo sia fatto solo con liscivia ottenuta dalle ceneri di Salicornia, anche se il sapone di Aleppo che arriva in Europa è ormai tutto prodotto con l’impiego di soda caustica.

Come usare il levato oggi – L’impiego più comune (e sensato) della levata su liscivia è come procedimento di recupero degli oli di frittura e dei grassi animali di scarto che, come saprete, costituiscono nello stesso tempo materie prime preziose e materiali inquinanti, non smaltibili direttamente come rifiuti domestici. Una descrizione di come procedere con i dosaggi degli ingredienti e la spiegazione passo per passo è uno dei contenuti gratuiti scaricabili dal sito del Sapone for dummies. E se poi volete discutere con chi questo metodo l’ha già sperimentato, fate un salto nel nostro gruppo Facebook Il Mio Sapone.

Foto: https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3ASavons_de_Marseille_002.JPG
By Arnaud 25 (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

Dal nostro libro “Soap Naturally” al laboratorio Terra Italica

Saponi flaconi candeleL’incontro con Lamberto Formiconi è avvenuto qualche anno fa sulla nostra mailing list Sapone su Yahoo! Gruppi. Poi ci siamo persi di vista per un po’ di tempo e ora ci fa un enorme piacere scoprire che Lamberto ha avviato un laboratorio artigianale all’Aquila, la sua città, dove produce saponi con materie prime di altissima qualità.

La sua storia la raccontiamo in un’intervista che ospitiamo nel nostro blog Sapo Kalinus, dedicato a saponi, paesaggi e persone.

I segreti del sapone che fa schiuma

Sapone for dummies (e per gatti)Come dev’essere il sapone perfetto? Biologico, gentile, profumato, colorato? Ovviamente sì. Ma la caratteristica che tutti, proprio tutti, sembrano pretendere dal proprio sapone è che faccia schiuma. Tanta, tantissima schiuma.

 

 

Come scriviamo nel nostro manuale Il sapone fatto in casa For Dummies 

la schiuma è il prodotto della sinergia tra l’azione fisica dello sfregamento e quella chimica della combinazione del sale-sapone con l’acqua e l’ossigeno dell’aria. (…) Se potessimo far sapone in laboratorio usando solo acidi grassi puri, e ci lavassimo in acqua distillata, i grassi che darebbero le soddisfazioni maggiori in fatto di schiuma sarebbero quelli che hanno una catena atomica lunga, e pertanto quelli monoinsaturi e insaturi. Così, per esempio, l’olio di cocco ha una catena più corta dell’olio di oliva perché contiene in prevalenza acido grasso laurico, che ha solo 12 atomi di carbonio, mentre la catena dell’olio di oliva ne ha 18.In teoria dunque, dal momento che l’olio di oliva ha una catena di atomi di carbonio più lunga dell’olio di cocco, dovrebbe fare più schiuma di quest’ultimo. Ma questo non è esattamente il contrario di tutto quello che si legge sul sapone? Perché allora si dice che è l’olio di cocco il principale responsabile della schiuma, mentre l’olio di oliva fa solo bavetta? Dov’è la verità? La verità sta, come al solito, nella complessità che caratterizza il mondo in cui viviamo e che quasi mai ci permette di dare risposte univoche. Qui regnano infatti altre variabili che influenzano la capacità del nostro sapone di fare schiuma: per esempio, la durezza dell’acqua e la sua temperatura.
Ed è proprio la combinazione di questi fattori esterni a caratterizzare l’olio di cocco come grasso “schiumogeno”, sebbene dal punto di vista della struttura chimica non abbia i numeri per essere il migliore. Nonostante la sua catena atomica corta infatti, l’olio di cocco trasformato in sale-sapone si scioglie meglio nell’acqua di rubinetto di quanto non facciano altri grassi saponificati; e lo fa a una temperatura più bassa, assicurando tante bolle a tutti gli amanti del genere”.

Nei primi capitoli del libro, spieghiamo quali ingredienti o additivi possono essere usati per creare le bolle, in combinazione o in sostituzione dell’olio di cocco. Qui possiamo fare un piccolo riassunto:

  • l’aggiunta di olio di ricino (nelle percentuali consentite) rende il sapone più schiumoso;
  • la presenza di oli di soia o di arachidi;
  • la presenza di olio di palmisto (olio di noccioli di palma) che ha la stessa resa e le stesse controindicazioni del cocco;
  • la presenza di ingredienti zuccherini (da usare con le cautele suggerite nel libro perchè fanno aumentare la temperatura della reazione chimica, con conseguenze che bisogna saper gestire…);
  • l’aggiunta di emulsionanti (per questo fate riferimento agli esperimenti sul gruppo facebook Il Mio Sapone dove questa teoria è nata);
  • l’aggiunta di lana o seta grezza (dosaggi e modalità indicate nel libro e nel gruppo);

C’è poi un piccolissimo e semplicissimo trucco per far schiumare il sapone, anche il meno… dotato di suo. Basta usarlo tenendolo avvolto in una retina (di mussola, di tulle, di cotone etc) e strofinarlo forte tra le mani prima di passarselo sul corpo. Easy peasy… 🙂

Per i patiti della chimica, tra i contenuti extra del libro For Dummies c’è una tabella con la composizione degli acidi grassi di ciascun olio e la loro resa nel sapone.

Ah, vi state chiedendo che cosa c’entri un gatto nel lavabo con questo post? Niente. Però era carino, dai… 😛

Miti da sfatare: l’olio di cocco è irritante

Le cose semplici, si dice, sono le migliori. Ed è vero. Ma secondo me non si può sempre dire altrettanto delle cose “semplificate”.

La semplificazione che spesso si fa su internet attorno a certi concetti che sono, invece, complessi, dà come esito finale la diffusione di “pezzi” di verità grossolanamente raffazzonati. Consolanti, magari, ma non aderenti alla realtà.

Lunga premessa per arrivare al dunque di una affermazione – “l’olio di cocco è irritante” – sulla quale è necessario fare qualche ulteriore riflessione. E qualche chiarimento.

Il povero olio di cocco in sè e per sé non è per niente irritante. E’ un grasso saturo di origine vegetale come altri che, per la dimensione delle sue molecole, tende a restare sulla pelle piuttosto a lungo, formando un film protettivo e non a caso è usato in burri per il corpo, unguenti e balsami per labbra. Ci possono essere implicazioni etico-ambientaliste riguardo il suo impiego, ma non è l’argomento di questo post.

L’olio di cocco però contiene, in notevole percentuale, un acido grasso specifico, il laurico, che, una volta fatto reagire con un alcali (soda caustica o potassio caustico), produce un sale sodico o potassico (per gli amici, sapone 🙂 ) con due caratteristiche molto specifiche. Un sapone di acido laurico fa una schiuma meravigliosa ed è anche molto – ma molto – detergente.

Ora, la detergenza è quel processo grazie al quale il grasso che si trova sulla superficie della nostra pelle viene staccato, miscelato con l’acqua e portato via. Un processo virtuoso quando si tratta di lavarci dallo sporco atmosferico e dalle tracce di Nutella sulle dita. Un processo stressante per la pelle quando, oltre alla Nutella, a finire nello scarico è anche quel sottile strato di grassi e liquidi che ne protegge la superficie e le impedisce di seccarsi e screpolarsi.

E qui veniamo al punto della nostra questione: che cos’è allora a essere irritante? Ed ecco la risposta:

è irritante l’uso continuato di saponi con un’alta percentuale di sali sodici o potassici di acido laurico, in presenza di una pelle che non tollera l’essere dilavata troppo in profondità.

Se la pelle, per i più svariati fattori individuali o ambientali, non ha la capacità di compensare l’eccessiva detergenza del sapone al cocco, ricostituendo il suo film protettivo, ecco che, a lungo andare, può sviluppare fenomeni irritativi. In alcune persone – e io sono tra quelle – la forza lavante dei saponi al cocco genera un po’ di secchezza o di prurito, da compensare con l’uso di una lozione o una crema dopo ogni doccia. In persone dall’epidermide più delicata o già irritata per altre cause può invece dare fastidi più “importanti”. Ma in altre persone con tipi di pelle più “resistenti” non dà alcun problema e anzi risulta un sapone molto schiumoso e piacevole. Usare solo olio di cocco in un sapone però richiede qualche cautela come ho spiegato in altro post su questo blog dedicato al Tuttococco.

Consiglio spicciolo per il saponaio che vuole formulare le sue ricette? Impara a conoscere la tua pelle e ad “ascoltarla”. Nel dubbio, tieni basso il dosaggio del cocco e controlla quali sono le tue reazioni a distanza di una settimana, un mese, tre mesi dal momento in cui hai cominciato a usare sapone che lo contiene. Usa comunque una crema o una lozione restitutiva perché, cocco o non cocco, la tua pelle te ne sarà grata!

Ancora una piccola cosa prima di chiudere: tutto questo discorso, dalla prima all’ultima sillaba, vale anche per l’altro olio ricco di acido grasso laurico, il palmisto. E’ noto anche come olio di noccioli di palma, deriva dalla stessa pianta da cui deriva l’olio di palma che però, siccome non contiene acido laurico, è del tutto “inoffensivo”.

Come scegliere ingredienti e metodi per il sapone che hai in mente

sapone-soap-iconVolete fare un sapone per il viso oppure ne volete uno con effetto-scrub? Vorreste preparare una saponetta per il vostro bambino ma non sapete da dove cominciare? La scelta degli ingredienti e del metodo per fare in casa il sapone che avete in mente può essere complicata, sia che abbiate cominciato da poco, sia che ormai abbiate una certa esperienza.

E’ facile perdersi tra tutte le varianti dei metodi a caldo o a freddo, ma anche confondersi nella combinazione dei grassi e nel calcolo dello sconto della soda. In base alla nostra esperienza abbiamo preparato una scheda di riepilogo che può aiutarvi a non perdere l’orientamento quando vi mettete a tavolino per “progettare” il vostro prossimo sapone.

Saponi da bagno e da doccia

Tipi di sapone: saponette, saponi liquidi, trasparenti, rilavorati

Ingredienti consigliati: nessuna limitazione nella combinazione degli oli. Scegliete grassi e additivi schiumogeni a seconda dei vostri gusti.

Ingredienti da evitare: solo quelli non graditi/tollerati da chi userà il sapone

Dosaggio degli alcali: sconto tra il 5 e l’8% per le saponette, sconti più alti in presenza di alte quantità di olio di cocco. Fino al 3% per i saponi liquidi.

Metodi consigliati: metodi a freddo e a caldo, metodi per i saponi liquidi, trasparente e rilavorati.

Saponi per pelli difficili

Tipo di sapone: saponette e rilavorati, evitate liquidi e trasparenti.

Ingredienti consigliati: ottimi i 100% oliva, attenzione nella scelta di grassi che producono saponi molto detergenti o dei grassi che possono dare allergie specifiche (vedi sotto). Restringete il campo degli additivi a latte, miele, zucchero, fibre di seta, catrame vegetale.

Ingredienti da evitare: olio di cocco e palmisto, usate con cautela ricino, burro di cacao, burro di karitè. Evitate gli additivi tranne quelli appena elencati, evitate fragranze e oli essenziali.

Dosaggio degli alcali: tra il 7 e il 15% per le saponette

Metodi consigliati: metodi a freddo e a caldo, rilavorati.

Saponi per i bambini

Tipo di sapone: saponette e rilavorati, evitare liquidi e trasparenti

Ingredienti consigliati: ottimi i saponi 100% oliva, con eventuale aggiunta di poco olio di
ricino (dall’1% al 3%) per migliorare la schiuma. Tra gli additivi consentiti: latte, miele, zucchero, fibre di seta. Nei saponi rilavorati potete usare oleoliti di calendula o camomilla come surgrassanti, oppure infusi delle stesse piante come liquido.

Ingredienti da evitare: oli di cocco e di palmisto. Usate con cautela olio di ricino, burro di
karitè e burro di cacao. Evitate tutti gli additivi salvo quelli citati. Evitate oli essenziali e fragranze nei saponi per bambini fino a 3 anni. Per bambini più grandi, dimezzate la quantità che usereste per gli adulti.

Dosaggio degli alcali: sconto tra il 9% e il 15%

Metodi consigliati: metodi a caldo con l’aggiunta di surgrassanti dopo la cottura, metodi per saponi rilavorati.

Dal sito dei Contenuti Extra del libro Sapone fatto in casa For Dummies, potete scaricare la scheda completa con le istruzioni per

  • saponi per il viso
  • saponi da barba e depilazione
  • saponi scrub
  • saponi shampoo
  • saponi per gli amici a quattro zampe
  • saponi per il bucato
  • saponi per la casa

Metodi per fare il sapone: quali sono, come sceglierli

metodi per fare il saponeA partire dagli anni Novanta, grazie allo scambio di informazioni tra saponai su Internet, sono stati messi a punto diversi metodi per fare il sapone in casa, rielaborando i sistemi tradizionali che erano sopravvissuti alla “colonizzazione” dei tensioattivi commerciali, avvenuta a partire dagli anni Cinquanta-Sessanta. Tutte queste tecniche sono dette “a impasto” e differiscono dai saponi “levati” che sono invece la norma in campo industriale.

Nei metodi a impasto tutti gli ingredienti messi all’inizio del processo di saponificazione e i prodotti della loro reazione (la glicerina) restano nel sapone finito. Le tecniche a impasto si dividono in due grandi categorie: quelle a freddo dove la saponificazione avviene senza ricorrere a fonti di calore esterne, quelle a caldo dove invece la pasta di sapone viene surriscaldata per accelerarne la reazione.

Le varianti a freddo sono cinque:

  1. Il metodo a freddo di base (CP, cold process)
  2. Il metodo tutto a freddo (NHCP, no heat cold process)
  3. Il metodo a freddo a temperatura ambiente (RTCP, room temperature cold process)
  4. Il metodo super-freddo o dei saponi montati
  5. Il metodo a freddo ad acqua ridotta (DWCP, discounted water cold process)

Altrettante sono le varianti della tecnica a caldo:

  1. Il metodo a caldo a bagnomaria (DBHP, double boiler hot process)
  2. Il metodo a caldo nel forno (OHP, oven hot process)
  3. Il metodo a caldo nel microonde (MWHP, microwave hot process)
  4. Il metodo a caldo nelle pentole a temperatura controllata (CPHP, crock pot hot process)
  5. Il metodo a caldo nel forno nello stampo (ITMHP, in the mould hot process)

Marina e io ci occupiamo di sapone fatto in casa dalle fine degli anni Novanta e abbiamo partecipato non solo allo sviluppo delle tecniche, ma siamo anche state testimoni delle “mode” cui hanno dato vita. Oggi si parla moltissimo di metodo a temperatura ambiente, per esempio, mentre sono quasi del tutto scomparsi i metodi a caldo nel microonde o la cottura nel forno nello stampo i quali, solo qualche anno fa, sembravano l’invenzione del secolo. Resiste saldamente invece il metodo a freddo di base, mentre quello a caldo nella pentola elettrica sembra proporsi come il nuovo trend del 2016.

Tutte le tecniche danno come risultato del sapone. Ma non tutte sono uguali e districarsi nella scelta di quella giusta può richiedere un po’ di tempo e di esperienza. Ci sono tipi di sapone che richiedono tecniche specifiche. Difficile pensare di fare saponi in crema senza la cottura a bagnomaria o nella pentola elettrica, praticamente impossibile ottenere dei montati ignorando la tecnica super-fredda e, una volta imparata la tecnica a caldo, anche la produzione di saponi liquidi ne guadagna.

L’esperienza di prima mano è quella più importante. Ma se volete approfittare della nostra, quanto meno per farvi un’idea di come marciano le cose e di come scegliere il metodo giusto per il sapone giusto, abbiamo preparato una scheda di riepilogo sulla scelta dei metodi che completa il nostro manuale “Il sapone fatto in casa For Dummies”, dove tutte le tecniche a freddo e a caldo sono spiegate passo per passo.

Oleoliti: prepararli e usarli nel sapone

oleolito di lavandaGli oleoliti, o oli macerati, sono uno degli ingredienti che i saponai usano più spesso nelle loro creazioni. Il principio alla base della preparazione di un oleolito è semplice e si basa sulla macerazione in olio di materiale vegetale, derivante da piante officinali o alimentari.

Nel sapone la funzione degli oleoliti non è propriamente cosmetica, in quanto gli attivi contenuti nelle piante difficilmente riescono a sopravvivere al calore e all’alcalinità della reazione di saponificazione. Di questo argomento avevamo già parlato in questo blog, spiegando la resa dei macerati in base al tipo di olio.

Ma gli oleoliti possono essere preparati per esempio con piante tintorie e quindi servire come delicati coloranti naturali oppure, se fatti con piante officinali profumate, possono contribuire con un leggero aroma. Se volete un sapone che sappia di lavanda sul serio, non potrete evitare l’uso dell’olio essenziale o di una fragranza cosmetica. Ma se il vostro naso ama i profumi delicatissimi e appena accennati, un oleolito, magari aggiunto a fine cottura in un sapone preparato a caldo, potrebbe essere la scelta giusta.

Le scuole di pensiero sulla preparazione degli oleoliti sono diverse. Diciamo che i metodi principali però sono due: la macerazione di piante secche al buio o quella di piante fresche al sole. Per semplificarvi la vita e spiegarvi quali piante potete usare, quali oli e come mettervi all’opera, abbiamo preparato un piccolo riassunto da scaricare e conservare. Lo trovate sul sito del nostro manuale Sapone fatto in casa For Dummies, Hoepli Editore.

Non tutte le piante però sono, in automatico, adatte alla preparazione di macerati. Prima di procedere ricordatevi di alcuni punti fondamentali:

  • Le piante adatte alla macerazione devono contenere sostanze solubili in olio. Alcuni attivi vegetali, comprese le sostanze coloranti, sono solubili in acqua (e quindi conviene fare un infuso) oppure in alcol. Seguite la nostra tabella per scegliere il materiale vegetale da usare.
  • Documentatevi su quale parte della pianta è meglio usare e verificate che non ci siano controindicazioni per l’impiego in cosmetica. Non è automatico, infatti, che ciò che è buono da mangiare, sia anche buono da spalmare sulla pelle! Pensate al peperoncino…
  • Se volete sfruttare al meglio le proprietà cosmetiche di un macerato non usatelo nel sapone, ma in prodotti destinati a restare a contatto con la pelle come creme, lozioni, balsami, burri. Una guida utile è il nostro libro Aromi, profumi e balsami naturali.

Domande frequenti: da quale tipo di sapone comincio?

Siete alle prime armi? Non avete mai fatto sapone? Avete già esperienza col sapone ma vi sentite confusi dalla pioggia di informazioni (spesso contraddittorie) che trovate in rete e sui social?

Non fatevi prendere dall’ansia del non sapere come muovervi! Abbiamo preparato proprio per voi qualche dritta per indirizzarvi nella direzione giusta. Così avrete un aiuto in più per capire se è meglio cominciare coi saponi solidi, perché e quando potete passare a quelli liquidi e se esiste un percorso di apprendimento tra i vari metodi a freddo e a caldo.

Questi e molti altri documenti sono scaricabili gratuitamente dal sito del nostro ultimo manuale Sapone fatto in casa For Dummies, Edizioni Ulrico Hoepli Milano.