Vendere sapone autoprodotto: sì ma solo se sei in regola

Se dovessimo fare una classifica delle domande che riceviamo più di frequente, quella sulla vendita del sapone autoprodotto starebbe di sicuro al primo posto. Abbiamo pensato di raccogliere in un post i quesiti ricorrenti e di dare una risposta cumulativa.

Domande

1. A chi ci si rivolge per chiarire la normativa sulle vendite nei mercatini e simili?

2. Ci sono deroghe alla norma per chi vende nei mercatini o nell’ambito di attività di beneficienza?

3. Bisogna rendere tracciabile il sapone autoprodotto per poterlo vendere?

4. In breve, puo’ chi fa altro per lavoro e non ha un laboratorio a norme vendere il sapone autoprodotto “in maniera lecita, e alla luce del sole, senza incappare in possibili sanzioni?”

Risposte

La risposta breve all’ultima domanda, che riassume un po’ tutte le altre, è no.

Non ci sono scappatoie per vendere sapone e cosmetici senza avere un laboratorio a norme, la supervisione di un tecnico con adeguata competenza professionale, delle ricette certificate, una filiera di ingredienti pure certificati e una struttura aziendale tracciabile. Sappiamo che non sarete contenti di sentirla… e speriamo possa servire una breve panoramica sui perchè.

Da una parte, ci sono i limiti imposti dalla normativa europea, alla quale si è allineata anche l’Italia, che vieta la vendita e la distribuzione (anche gratuita!) di cosmetici se non si dispone di quei requisiti. Si tratta di norme a tutela del consumatore, che salvaguardando la professionalita’ dei produttori ne limitano i rischi in caso (per esempio) di richieste di danni. Del Regolamento Europeo 1223/2009 e della sua applicazione in Italia si parla in dettaglio nel sito del Ministero della Salute che è l’ente responsabile di riferimento. Vendere senza essere in regola può esporre al rischio di una denuncia penale in caso il compratore lamenti un danno (per esempio, una reazione allergica provocata dal sapone).

E’ bene sapere inoltre che la norma non prevede alcuna scappatoia per la vendita del cosiddetto “sapone decorativo”. Al di là della ridicolaggine del termine – sarebbe come vendere gelato da ascolto o pizza da massaggio – il sapone è e resta un cosmetico e in quanto tale è trattato dalla legge italiana.

Dall’altra, ci sono le considerazioni di tipo etico nei confronti di chi fa del sapone un lavoro “vero”, pagando le tasse e spendendo quel che c’è da spendere per avere certificazioni e permessi. Per quanto minima, qualunque attivita’ produttiva richiede inoltre una struttura “aziendale” di controllo dei costi e della qualità del prodotto.

Sicuramente non vale per voi, ma non ci vuole molto a immaginare “affaristi” senza scrupoli, pronti a fare saponaccio e venderlo “sottocosto” per sbaragliare la concorrenza, mettendo a rischio la salute degli acquirenti. Ecco, i limiti e le pastoie sono lì proprio per arginare questo tipo di problema.

Aggiungiamo qui, per completezza delle informazioni, che nell’ultimo nostro libro, “Sapone fatto in casa For Dummies“, abbiamo dedicato un intero capitolo a questo argomento, dove troverete indicazioni precise su come muoversi per cominciare a vendere con tutte le carte in regola. E nel nostro blog Sapo Kalinus vi raccontiamo storie virtuose di piccoli artigiani del sapone in Italia e all’estero.

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