Sapo kalinus

Melinda Coss, quando il sapone diventa impresa

Nella vita ci sono i maestri, persone che ci hanno seguiti da vicino e alle quali dobbiamo molto di quello che sappiamo. Ma ci sono anche persone che, consapevolmente o inconsapevolmente, magari senza mai incontrarci dal vero, ci hanno suggerito una strada, ci hanno fatto vedere, per un secondo, il mondo da una diversa prospettiva. In questa seconda categoria, io di solito inserisco Melinda Coss: la persona che, nel 2000, mi ha fatto scoprire per la prima volta il sapone handmade. Da allora molte cose sono successe e oggi ho una personale visione del sapone naturale che non è sempre la stessa di Melinda (credo nelle micro-autoproduzioni piuttosto che nel business in grande scala, per esempio) ma le sono in ogni caso molto grata e avere l’onore, oggi, di raccontare la sua storia in questa intervista è motivo di gioia.

Siamo abituati a conoscere Melinda Coss per i suoi libri, i suoi saponi e i suoi corsi. Ma chi è Melinda Coss quando non si occupa di sapone? Come Melinda Coss descriverebbe Melinda Coss? Interessi, luoghi preferiti, piatti che ricordi, libri che leggi, cose che ti rendono felice…..
Suppongo di essere il prodotto della mia generazione in quanto sono cresciuta durante un’era in cui tutto sembrava possibile. Benché mi piaccia rifugiarmi nel lavoro creativo, quello che trovo davvero interessante è la potenzialità di realizzare qualcosa di concreto dalle mie idee. Ho vissuto attraverso la Beatles mania, il femminismo, la globalizzazione, la nascita e la crescita di internet – mi stupisce come le persone ancora stentano a trovare una fonte di sostentamento in un mondo dove così tante opportunità sono diventate accessibili. Cosa mi rende felice? Risolvere problemi, trovare nuovi sistemi per motivare le persone e spendere del tempo con la mia famiglia (ho tre figli e sette nipoti). Mi interessa inoltre il marketing – lo trovo incredibilmente creativo – probabilmente mi interessa più del sapone in sé. Ho vissuto in diversi Paesi ma non sono attaccata ai posti, mi piace spostarmi e cambiare totalmente la mia vita ogni sei o sette anni. Dipingo ceramica per hobby e sono vegetariana. Amo gli animali e ho tre grandi barboncini. Per quanto riguarda i libri, leggo molti romanzi e i miei autori preferiti sono Toni Morrison e Rose Tremain. Da bambina ho frequentato una scuola di spettacolo, dove ho passato ore e ore a studiare teatro e danza. Ho lasciato la scuola a 14 anni senza diplomi,  forse per questo trovo tutto ciò che mi circonda così affascinante – sostanzialmente se hai tempo di fermarti e guardarti attorno, la vita è come una gigantesca aula scolastica. L’unica cosa che mi è rimasta dalla scuola di teatro è la scioltezza e la capacità di esprimere me stessa – penso che questo sia quello che davvero mi è servito.
Quando hai scoperto il sapone naturale e la saponificazione casalinga? Come hai cominciato la tua attività industriale di produzione di saponi?
Ho passato molti anni a guadagnarmi da vivere come scrittrice professionale. Ho scritto 27 coffee table books su diverse attività fai-da-te, in particolare maglia e ricamo. Ogni volta che cominciavo una nuova attività fai-da-te, non resistevo alla tentazione di trasformarla in un business e, a un certo punto, mi sono trovata che davo lavoro a 400 persone che lavoravano a maglia a casa propria, gestivo due negozi di maglieria fatta a mano a Londra e vendevo i miei maglioni ai principali stores di New York. Sono “inciampata” nel sapone al Paddington market di Sydney e ho avuto uno di quelli che il mio partner chiama “ding moment”. Al ritorno in Gran Bretagna, scoprii che mentre c’erano molti piccoli produttori di sapone negli Stati Uniti nessuno sembrava essersi avventurato per quella strada nel Regno Unito. Persuasi il mio editore a commissionarmi un libro sulla saponificazione e, con l’anticipo che ricevetti, spesi un anno a investigare e esplorare questa attività. Fu come camminare alla cieca in un deserto perché c’erano pochissime informazioni disponibili a quell’epoca, ma il risultato fu “The Handmade Soap Book” che, a oggi, ha venduto circa un quarto di milione di copie ed è stato tradotto in diverse lingue. Dopo l’uscita del libro, ricevetti parecchie richieste di persone che sarebbero state interessate a comprare i miei saponi ed è così che ho avviato la mia azienda. Nel giro di 18 mesi diventai il fornitore di tutte le principali catene di supermercati del Regno Unito. Devo ammettere che ripetere quell’esperienza, nell’attuale congiuntura finanziaria, sarebbe molto difficile ma, in quegli anni, il clima era propizio e, grazie al fatto che avevo condotto altre aziende in passato, fui in grado di trovare gli investitori per finanziare il progetto. Il business plan era calibrato su una durata di cinque anni. Non mi impegnerei mai per portare avanti qualcosa oltre i cinque anni, perché mi “estinguerei”. Ho la capacità di avviare progetti ma, quando sono partiti e girano, mi stufo molto in fretta.
Ricordi e puoi descrivere uno dei tuoi saponi perfetti o uno dei tuoi “mostri”?
Posso certo raccontarti di un “mostro”. Fu un lotto da 60 chili di sapone prodotto principalmente con olio di cocco e una fragranza al cocco, ma venne lasciato troppo a lungo nelle forme. Quando fu ora di tagliarlo era duro come la pietra, non si poteva farlo a pezzi nemmeno con la motosega!
Qual è il tuo sapone preferito? Quello che vorresti sempre avere a casa
Il mio sapone preferito è fatto di olio di oliva, cocco e olio di canapa, profumato con lavanda, camomilla e colorato con l’anatto. Benché mi piacciano certi artistici saponi swirl di tutti i colori, uso molto più volentieri sulla mia pelle un semplice blocco di sapone ben formulato.
Quali sono i tuoi ingredienti preferiti e dove ti rifornisci?
Mi piacciono l’olio di cocomero e l’olio di alloro, tendo inoltre a usare il patchouli molto più di quello che dovrei. Quando è possibile, acquisto i miei oli direttamente dai produttori, ma in questo periodo non produco sapone destinato alla vendita, quindi mi serve acquistare quantità molto piccole.
Devi aver sperimentato molti metodi per fare il sapone ma qual è il tuo preferito? Esiste un metodo che tu stessa hai messo a punto?
Nel mio ultimo libro “Natural Soap”, promuovo con molta convinzione il metodo tutto a freddo dove soltanto il calore della soda è utilizzato per sciogliere i grassi solidi. Questo è un metodo regalato da Dio per coloro che lavorano nei Paesi in via di sviluppo, in quanto non richiede assolutamente energia. Sono stata iniziata a questo metodo da un amico e collega e penso che funzioni molto bene.
Ci sono tanti tipi di saponai, ciascuno con le sue manie e la sua filosofia: chi fa sapone perché si diverte, gli artisti che creano sculture e miniature, gli ecologisti, i dermatologi… Tu che tipo di saponaia sei? Qual è stata la tua idea-guida nel produrre e vendere sapone?
Dopo 25 anni come produttrice di sapone penso di non aver lasciato inesplorata nessuna strada ed è stato molto divertente. Ma gestire un’attività industriale-commerciale richiede una diversa impostazione mentale e, secondo la mia opinione, il successo di un business è all’80% basato sulla capacità di fare marketing e al 20% sulla qualità del prodotto. Penso sia essenziale trovare una nicchia di mercato nella quale uno crede e trovare un modo originale per raggiungerla con il proprio prodotto. Tutti usano il sapone eppure, dopo tutti questi anni, sono ancora in grado di vedere nicchie di mercato non sfruttate. Questo è ciò che mi ha fatto stare così a lungo dentro questo business e che mi è di ispirazione.
Secondo te che cosa è “sapone naturale di buona qualità”?
Un sapone fatto con amore, competenza e integrità.
Tu hai scritto di sapone, hai prodotto sapone, fai corsi sul sapone… Cosa ti affascina ancora tanto del sapone? Cosa ti fa continuare?
Sono particolarmente interessata a quei tipi di business che offrono la possibilità di lavorare stando a casa. Ero una mamma single con tre bambini sotto i due anni quando ho cominciato il mio primo business nella maglieria fatta a mano e per me il sapone è molto simile alla maglia solo che hai il vantaggio di poter giocare con i profumi e la consistenza. Mi affascina anche il fatto che una saponetta significhi così tante cose diverse per persone diverse. Quando mi sono trasferita in Francia non intendevo continuare con il sapone, ma due associazioni di saponai a freddo mi hanno proposto di diventare membro onorario e quindi… ecco qui che si va di nuovo! Sono molto interessata anche dall’uso del sapone come mezzo creativo, mi sono cimentata nel produrre “gioielli” e “mosaici” con alcuni pezzi che sono diventati celebri come la mia “Cupid Plaque”.
Tu lavori anche con varie organizzazioni nei Paesi in via di sviluppo. Puoi raccontarmi qualcosa di più a questo proposito, per esempio quando e come hai cominciato, quali progetti hai seguito o segui?
Ho collaborato all’avvio di tre aziende di produzione di sapone in Africa ma non come volontaria. I progetti erano ben finanziati da benefattori, organizzazione governative e, in un caso, dalla first lady dello stato del River in Nigeria. Non ho lavorato nei villaggi africani, ma ci sono diversi produttori di saponi del Regno Unito e degli Stati Uniti che si sono dedicati parecchio a questa attività. E’ chiaro che potrei insegnare le tecniche della saponificazione in Africa, ma sono soltanto una persona e penso che il mio valore, il mio tempo e la mia capacità siano meglio sfruttati insegnando alle persone come fare impresa in maniera sostenibile, piuttosto che soltanto come fare sapone. In Sud Africa ho lavorato con 18 ragazzi segnati dall’HIV a un progetto dove fare il sapone era un mezzo per insegnare loro come gestire un’impresa. Inoltre ho aiutato un’imprenditrice del sapone in Tanzania a calibrare la propria impresa in modo da poter soddisfare gli standard richiesti dalla legislazione europea sui cosmetici. Ho anche portato sette colleghi in Nigeria per aiutare 2000 donne a imparare le tecniche di base in modo da poter produrre e vendere sapone nei loro villaggi. Mi sento una privilegiata per aver avuto la posizione che mi ha permesso di fare questo.
Sei stata la fonte di ispirazione per molti saponai nel mondo, inclusa me stessa, ma c’è qualcuno che ti ha ispirata nel corso di questi anni?
Ammiro Anita Roddick. Cominciò con una proposta molto semplice – voleva vendere cosmetici in piccoli contenitori ricaricabili e attorno a questo ha costruito la sua impresa. La ragione per cui la ammiro così tanto è perché, mentre il suo business cresceva, ha sviluppato una visione politica ed ecologica che le ha permesso di dedicare tempo ed energia per promuovere il suo ideale e per aiutare altri con la filosofia del “trade not aid”. Ci sono molti  oggi che vorrebbero fare business in maniera ecologica ed equo-solidale ma che, nonostante la loro passione, non hanno la possibilità di gestire un’impresa. Benché la creatività e un ideale etico forte siano importanti, il business sostenibile è basato principalmente su buone decisioni manageriali e finanziarie.
C’è una ricetta di sapone che vorresti condividere con i lettori di questo blog?
Tutte le mie ricette preferite sono contenute nel mio ultimo libro “Natural Soap”,  ma credo di aver condiviso qui un po’ di punti di vista sull’aspetto industriale e commerciale del sapone.
Qual è il consiglio numero uno per chi vuole cominciare a fare il sapone?
Keep it simple, fallo semplice.
Qual è il consiglio numero uno per chi vuole avviare un’impresa di produzione di sapone in Europa?
Conosci te stesso. Se ci sono campi dove sai di avere delle debolezze (magari nella gestione della parte contabile o nel marketing) non ignorarle, cerca qualcun altro che abbia queste competenze e che possa lavorare con te. Sii inoltre sicuro di aver capito e di essere in grado di raggiungere gli standard fissati dalla nuova legislazione europea, attesa per luglio, prima di investirci dei soldi.

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